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Zapponeta/Manfredonia – Seppie dorate, “i guadagni dei falsi braccianti”

Pubblicato: venerdì, 11 maggio 2012 Commenta questo articolo Nessun commentoTorna alla pagina iniziale

CAMPAGNA delle seppie: sui natanti “falsi braccianti”. E’ la denuncia di un pescatore, che è voluto rimanere anonimo, che lamenta la presenza di braccianti fittizi sui natanti pugliesi, impegnati per oltre 2 mesi nella pesca “per poi dileguarsi dopo qualche giorno, mettendo in disarmo il battello”.
Una pesca delle seppie “molto redditizia”, in base alle fonti raccolte, con guadagni che vanno dai “10 ai 13mila euro in 60 giorni”. Il tutto dopo “il sorteggio del mare” e l’assegnazione del segmento, per natante, dove pescare le seppie.

La denuncia. “Da decine di anni nel territorio di Zapponeta”, denuncia il pescatore, si verificherebbero “abusi di alcuni pseudo pescatori, il tutto sotto gli occhi di tutti” ma senza che “nessuno abbia mai fatto niente”. “Ci sono braccianti agricoli che si imbarcano con natanti per poi sbarcarsi dopo qualche mese, mettendo il disarmo il battello, e così il gioco è fatto”. Tra questi ci sarebbero anche “invalidi al 100%”, che percepiscono la pensione d’invalidità, nonostante imbarcati. Tra gli imbarcati anche “un falso invalido con doppio lavoro”, svolgendo attività presso terzi. Inoltre: “cardiopatici ultra 70enni” che passerebbero “le visite mediche, così “percependo le pensioni”; inoltre: marinai, proprietari terrieri, venditori ambulanti di mercati settimanali, salumieri, istruttori sportivi. Tutti soggetti che oltre all’impegno, di un paio di ore, sui natanti, percepirebbero anche le disoccupazioni agricole in quanto “braccianti agricoli”. Braccianti solo su carta essendo infatti “fittizi”.

Dalle cifre emerse, il “sistema” dei falsi braccianti trova una (redditizia) motivazione: una volta sotto contratto (ctr di armamento o ctr da pescatore autonomo) con le cooperative (di Manfredonia), i soggetti indicati possono infatti uscire con i battelli fuoribordo (sarebbe necessario un solo soggetto per l’armamento) o con barche normali (sotto i 90 CV, in questo caso necessari massimo 2 “pseudo pescatori”). Alle cooperative i soggetti verserebbero una quota dalle 100 alle 150 euro ogni mese. “E il gioco è fatto”, assicura una fonte.

La tradizionale e redditizia campagna delle seppie. Da fonti comunali, la cattura delle seppie nel Golfo di Manfredonia è regolata da una “ferrea normativa osservata fin nell’antica Siponto”. L’ultima ordinanza della Capitaneria di Porto (fonte: 2008) è del 1985. Diverse le vedette impegnate per i controlli, compreso le unità a mare dei carabinieri, oltre ad un aereo. Ma controlli che sino a qui non sembrerebbero essere stati sufficienti. Fino a qualche anno fa, prima delle limitazioni del nuovo regolamento UE, il prolungamento del periodo consentito per la pesca del bianchetto aveva contrastato con l’inizio della “campagna” delle seppie.

Interessante il Regolamento della pesca citata: sia perché ha origini antichissime, addirittura ai tempi della Siponto preromana, e sia perché prevede un cerimoniale della varie fasi anche di quelle propedeutiche alla pesca vera e propria, del tutto esclusivo. Nella marineria peschereccia italiana, la pesca delle seppie nel Golfo di Manfredonia è l’unica ad avere una normativa così specifica e ferrea. Fra i Regolamenti di riferimento, esemplare è quello del 1812. “L’arco del golfo che va da Manfredonia a Zapponata era infatti il luogo prescelto da quei molluschi per depositare le uova tra i lentischi che allignavano lungo la battigia degli ampi arenili. Tant’è che si ritiene che il nome di Siponto derivi da seppia. Sono trascorsi oltre un paio di millenni e le seppie ai primi tepori della primavera, intraprendono ancora oggi il viaggio verso i lidi sipontini per compiere il rito del rinnovo della vita. E dopo tanti secoli, è sempre valido e necessario il Regolamento per la gestione dell’attività di cattura delle seppie”. Quello in vigore, ultimo di una nutrita serie, è datato 16 marzo 1985 e si compone di tredici articoli.

Il sorteggio. Il 19 di marzo, festività di San Giuseppe, si svolge, secondo tradizione, il “sorteggio delle zone di mare da assegnare ai pescatori”. “Operazione fondamentale (fonte Comune) è infatti la determinazione, da parte di apposita commissione, delle singole zone di mare, rettangoli di dimensioni variabili a seconda del numero dei concorrenti, entro le quali ciascun equipaggio, talvolta in comunione con altro equipaggio, può esercitare la pesca in esclusiva”.

Queste zone riservate sono ritagliate in un fascia di mare che va dalla foce del fiume Ofanto al vallone nord di Vignanotica e si protende verso il largo per 800 metri. Teoricamente l’intero arco del golfo; praticamente i tratti “buoni” sono molto di meno. Tassativamente esclusi i tratti in corrispondenza dei centri urbani, degli sbocchi delle fognature e degli scarichi a mare, delle foci dei torrenti e dei canali, per un raggio di un chilometro.

Severa la determinazione dei requisiti, pena la esclusione, riguardanti il natante, la composizione dell’equipaggio, la documentazione di legittimazione, il tipo di reti da impiegare e la loro collocazione in mare. La tipologia di pesca è quella detta “da posta”: le reti vengono cioè disposte verticalmente ed a precise distanze tra di esse: la prima linea a distanza non inferiore a 40 metri dalla battigia; la seconda alla stessa distanza dalla prima; la terza a 80 metri dalla seconda; la quarta a 120 metri dalla terza; le successive linee a 150 metri l’una dall’altra fino a 650 metri dalla battigia. Oltre gli 800 metri inizia la zona libera in cui chiunque può pescate con reti da posta disposte in ogni caso a 150 metri l’una dall’altra. Le seppie si impigliano in quelle reti. La raccolta avviene due volte al giorno: al mattino e alla sera. Un’area di mare protetta nella quale per il tempo della durata della “campagna”, dal primo aprile al 5 giugno (spesso 15 giugno), è vietata qualsiasi attività di navigazione e qualsiasi altro tipo di pesca.

Il numero dei natanti per la campagna delle seppie del 2012. Nella campagna delle seppie del 2012 le barche ammesse alla pesca delle seppie sono 33/34 per Manfredonia e 14 fra Zapponeta e Mattinata.

Le polemiche da Zapponeta. In base alle notizie emerse, a Zapponeta non ci sarebbe ancora, nonostante la volontà di costituirla, una cooperativa in grado di assumere i pescatori, o i soggetti volenterosi ad imbarcarsi per la campagna delle seppie. Da qui l’intesa con le Cooperative di Manfredonia (che nell’ultima gestione dello “sfortunato” mercato ittico non avrebbero neanche pagato le somme per il fitto dei locali, per centinaia di migliaia di euro), che messi sotto contratto i soggetti indicati, e definito l’armamento, riceverebbero somme dalle 100 alle 150 euro mensili. Ottimo il rapporto investimento entrate: si parla di 10/14 mila euro in due mesi a soggetto, considerando un prezzo pari a 8/10 euro al kg di seppie, con pesca giornaliera in media di 40 kg al giorno ma con punte persino di 100 kg. Da Zapponeta arriverebbero i soggetti che, braccianti o finti braccianti, si occupano per 2 mesi della citata pesca. ”Bastano un paio di ore, poi possono ritornare a fare il loro lavoro”, dice un pescatore di Manfredonia. Pescatori di Manfredonia che precisano: “nel nostro compartimento la situazione è regolamentata, noi viviamo di pesca, siamo civili e professionali; la nostra è una seppia pulita, regina culinaria per le pietanze locali.

Salvatore Di Noia, sindacalista Acli. Per Stato interviene Salvatore Di Noia, sindacalista ACLI: “credo sia opportuno dichiarare le proprie attività svolte, per i contributi della disoccupazione e per lo storno delle giornate lavorative. Tuttavia, nonostante non possa esprimere un’opinione sul caso che mi cita, il vero male di Zapponeta non è il bracciante agricolo ma i falsi braccianti. Le giornate lavorative vanno dichiarate per quello che sono per non creare un pericoloso sistema del nero fra datore e operatore (si pensi alle vertenze Lama/Deo Feo, Lama: vertenza sospesa, con giudizi pendenti, in attesa delle sentenze del giudice; Di Feo: con l’Inps che ha riconosciuto le giornate effettive ai lavoratori, ma superiori a quelle dichiarate. Probabili ricorsi per chiarimento posizioni dei singoli dipendenti). A pagare è il dipendente onesto – conclude Di Noia – A pagare sono i braccianti agricoli che non riescono a raggiungere i limiti per la disoccupazione. E poi sono costretti ad alimentarsi con i tuberi, con le patate, con le cipolle”.

da Stato Quotidiano

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