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Foggia – Omessa notifica per difesa, rinvio udienza “I tre moschettieri”

Pubblicato: mercoledì, 9 gennaio 2013 Commenta questo articolo Nessun commentoTorna alla pagina iniziale

T.Grasso

RINVIATE le prime udienze al Tribunale di Foggia – sezione penale – del processo scaturito dall’operazione dell’Arma dei Carabinieri, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, denominata “I Tre Moschettieri”.

 

Hanno partecipato al processo, in qualità di testi, dei membri della associazione Antiracket di Vieste.

 

In base a quanto emerso, ad uno degli avvocati difensori degli imputati non è stata inviata la notifica per la difesa per il giudizio immediato; dunque “omessa notifica del decreto di giudizio immediato della difesa di 2 imputati“.

 

Da qui la sospensione dell’udienza causa possibile illegittimità della stessa.

 

Il presidente della Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiane dott. Tano Grasso, il sindaco della città di Vieste dott.ssa Ersilia Nobile insieme ad una nutrita rappresentanza dell’Associazione Antiracket Vieste hanno presenziato all’udienza.

 

 

In aula erano presenti i famigliari dell’accusati, fatta eccezione per Angelo Notarangelo (implicato anche nel processo Medioevo); dalla raccolta dati, emersa l’aggravante del metodo mafioso tanto per il processo di stamane, con ordinanza eseguita il 18.07.2012, quanto per il procedimento giudiziario nell’ambito dell’operazione Il Medioevo.

 

 

Trasferimento per detenuti. Giuseppe Notarangelo è stato trasferito dal carcere di Foggia a quello di Tarfanto, Luigi Notarangelo da Foggia a Lecce, Angelo Notarangelo come Girolamo Perna sono attualmente reclusi nel penitenziario foggiano.

 

 

Presenti nelle aule gli avvocati degli accusati Paolo D’Ambrosio, difensore di Perna e di Luigi Notarangelo – Santangelo Francesco difensore di Angelo Notarangelo, Michele Arena legale di Luigi Notarangelo. Pm dell’accusa il dottor Gatti.

 

L’udienza, per i motivi sopra indicati, è stata rinviata al 18 febbraio 2013.

 

A rappresentare il Comune di Vieste in persona del sindaco pro tempore dr.ssa Ersilia Nobile l’avvocato Monica Scaglione in sostituzione dell’avvocato Luigi Leo.

 


L’operazione “I 3 moschettieri”. 

 

Su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Bari, il GIP del capoluogo pugliese aveva accolto la richiesta di quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di NOTARANGELO Angelo, detto “cintaridd”, capo dell’omonimo clan operante nell’area garganica e di altri tre dei suoi soldati più fidati affiliati di spicco al citato sodalizio criminoso.

 

Nella notte del 19 luglio 2012, i militari della Tenenza Carabinieri di Vieste, nell’ambito dell’operazione denominata convenzionalmente “Tre Moschettieri”, parodia della presenza di ben tre soggetti appartenenti alla famiglia criminale dominante (Notarangelo), hanno dato infatti esecuzione alle quattro misure cautelari nei confronti del fratello del boss NOTARANGELO Giuseppe, il cugino NOTARANGELO Luigi e PERNA Girolamo uomo di fiducia del sodalizio criminale, mentre al NOTARANGELO Angelo l’ordinanza è stata notificata presso la casa circondariale di Foggia, dove lo stesso è detenuto dal 13 aprile 2011, quando veniva tratto in arresto, unitamente ad altri sei sodali, tra cui RADUANO Marco, nell’ambito delle operazione convenzionalmente denominate “Medioevo e Sloat Machine”, anche in quel caso con l’accusa di estorsione continuata ed aggravata dal metodo mafioso ai danni di imprenditori turistici viestani, che dopo anni di soprusi hanno trovato il coraggio di denunciare i continui taglieggiamenti posti in essere dal citato gruppo criminoso e di aderire all’Associazione Antiracket viestana.

 

L’esempio fornito dalle vittime e la rinnovata fiducia nelle istituzioni ha fatto si che altri imprenditori, operanti nel settore del turismo, si ribellassero alle angherie poste in essere per lungo tempo nei loro confronti da parte di Notarangelo e dei suoi ulteriori tre adepti.

 

Questi ultimi, consapevoli del loro spessore delinquenziale e della associata fama negativa che connotava il loro ambito di appartenenza criminale, dapprima preannunciavano alla vittima di potergli offrire protezione sotto forma di guardiania, manifestandogli l’indispensabilità della loro presenza per avere garantita la sicurezza nella struttura turistica, successivamente, intuendo che l’imprenditore non era intenzionato a fronteggiare tale iniziativa con dazioni economiche in loro favore, iniziavano gli atti intimidatori nei confronti della struttura e di tutta la proprietà,

 

In tal modo la vittima, avendo inteso chiaramente che i soggetti esercitavano un grosso potere di controllo sulle attività commerciali viestane, essendo quindi in grado di compromettere seriamente le loro imprese, si vedevano costretti a versare nelle mani degli aguzzini dai 1.000,00 ai 1.200,00 euro mensili.

 

L’attività estorsiva si protraeva per lungo tempo, dalla primavera del 2009 sino al mese di settembre 2011, durante il quale risultavano vani i tentativi delle vittime di “rinegoziare” le pesanti tangenti.

 

Difatti, ad ogni ritardo nei pagamenti e ad ogni prospettata difficoltà economica nel pagamento delle “messe a posto”, seguivano puntualmente atti intimidatori nei confronti dell’imprenditore, come il gasolio in piscina, colpi di fucile sulla vetrata del bar, furto dei PC nella reception, numerosi colpi di pistola contro una delle auto di proprietà, biglietti e scritte minatorie ed altri atti dimostrativi di ogni genere e tipo.

 

“Le indagini poste in essere dalla Procura Distrettuale Antimafia di Bari hanno permesso di infliggere, a distanza di pochi mesi dall’esecuzione delle sette ordinanze di custodia cautelare dell’operazione Medioevo in aprile 2011 – le due di Sloat Machine nel novembre 2011 – il sequestro preventivo della villa bunker – operazione Camelot nei primi giorni del mese di luglio 2012, un altro duro colpo al clan viestano, che vede i suoi vertici nuovamente ristretti in carcere con la pesante accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

 

 

Le investigazioni hanno consentito di collazionare ed acquisire innumerevoli prove documentali inerenti le somme di denaro utilizzate per il pagamento del pizzo, riscontrando il perfetto collimare delle cifre pagate, con i periodi nei quali gli imprenditori subivano le vessazioni scaturite dai continui ed innumerevoli danneggiamenti.

 

Elementi probanti che, per la tipicità dei reati contestati, normalmente risultano difficili da acquisire“, come scritto nella nota stampa.

 


da Stato Quotidiano

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