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BARI – Da Vendola un secco no alle trivellazioni – «La nostra terra non sarà svenduta»

Pubblicato: venerdì, 7 settembre 2012 Commenta questo articolo Nessun commentoTorna alla pagina iniziale

Il presidente della Regione all’inaugurazione della Fiera – «Non permetteremo lo sfregio delle Isole Tremiti»

Un secco «no» alle trivellazioni nei nostri mari che saranno impedite in modo radicale.

Il governatore della Puglia Nichi Vendola non usa mezzi termini parlando all’inaugurazione della Fiera del Levante per descrivere la sua posizione sulle prospezioni geofisiche concesse alla Petrolceltic a largo delle Isole Tremiti. In platea, ad ascoltarlo il premier Mario Monti, proprio all’indomani della circolazione del testo della bozza del governo sul nuovo Piano energetico nazionale, in cui si pensa ad una rimodulazione dei limiti per gli impianti petroliferi offshore, attualmente a 12 miglia. Intanto Legambiente, nel dossier «Trivella selvaggia», lancia una mappa sulle aree più esposte «a rischio» trivelle con altri «30.000 chilometri quadrati di mare in pericolo, un’area grande quanto la Sardegna».

DISSENSO RADICALE – Nichi Vendola è chiaro: «Esprimiamo il nostro dissenso radicale contro l’autorizzazione delle prospezioni geofisiche nei fondali adriatici e siamo pronti a tutto per impedire che le Isole Tremiti e la nostra costa possano conoscere lo sfregio delle trivelle». Il leader di Sel ricorda però che la Puglia è tra «i primi produttori nazionali di energia da fonti alternative, con 2.186 megawatt di fotovoltaico, 1.393 megawatt di eolico, 228 megawatt di bioenergie». Ed è per questo che secondo Vendola non si è contrari a tutto a prescindere però allo stesso tempo «non intendiamo certo essere una terra da colonizzare o da svendere».

INTRONA – «Monti ha eluso le bordate di Vendola sulle prospezioni petrolifere: evidentemente su questo tema il governo vuole mantenere le sue prerogative ma al presidente del Consiglio è stato detto in forma garbata e ferma che la Puglia e i pugliesi non rinunceranno a un’opposizione intransigente in difesa del mare», ha detto il presidente del Consiglio regionale della Puglia, Onofrio Introna, alla fine dell’intervento di Monti.

IL PIANO – Eppure il testo del documento sul Piano energetico nazionale, facendo riferimento alle norme relative ai limiti delle 12 miglia, adottate in Italia nel 2010 (a firma dell’ex ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, ai tempi della Marea nera nel Golfo del Messico), le definisce come un blocco per «la maggior parte delle attività di ricerca e sviluppo offshore cancellando progetti per 3,5 miliardi di euro». La bozza della Strategia energetica punta anche al rilancio della produzione nazionale di idrocarburi: l’obiettivo è raddoppiare l’attuale produzione dall’8% al 16% del fabbisogno energetico italiano (per 15 miliardi di euro di investimenti e la creazione di circa 25.000 posti di lavoro, con un risparmio di 5 miliardi sulla bolletta energetica).

LEGAMBIENTE – Ma secondo il report di Legambiente «le ultime stime del ministero dello Sviluppo economico» parlano della «presenza nei fondali marini di solo 10,3 milioni di tonnellate di petrolio», che «ai consumi attuali sarebbero sufficienti per il fabbisogno nazionale per appena 7 settimane». Sui mari italiani, osserva Legambiente, «incombe la minaccia di 70 nuove piattaforme petrolifere; sono ora nei nostri mari già attive 9 piattaforme (1.786 km quadrati) e 19 permessi di ricerca per 10.266 km quadrati di mare (41 le richieste in attesa)». La maggior parte delle piattaforme sono situate in Adriatico, a largo della costa abruzzese, marchigiana, di fronte a quella brindisina e nel Canale di Sicilia. Le richieste – rileva Legambiente – soprattutto l’Adriatico centro-meridionale, il Canale di Sicilia e il mar Jonio, e il golfo di Oristano in Sardegna
da Corriere del Mezzogiorno/Foggia

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