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FOGGIA -Da malati mentali a… casari, per vincere l’esclusione

Pubblicato: giovedì, 7 aprile 2011 Commenta questo articolo Nessun commentoTorna alla pagina iniziale

 Lavorare in agricoltura per vincere l’esclusione sociale, quella causata dalla malattia mentale, aggravata dal fatto di vivere in un territorio con poche risorse economiche ed occupazionali.

C’è questo alla base del progetto «Cont… orti», voluto dal Centro di salute mentale di Troia, con tantissime collaborazioni, fra cui quelle della Facoltà di agraria e la cattedra di Psichiatria della facoltà di Medicina dell’Università, la Provincia, le associazioni agricole Cia e Coldiretti, il Gal Meridaunia, il Piano di Zona dell’ambito del Distretto di Troia. 

Il progetto “Cont…or ti” racconta la vicenda di 11 persone affette da disagio mentale, che hanno deciso di non rinunciare al lavoro, malgrado i numerosi ostacoli sociali che le rilegherebbero a una vita basata sull’assistenza degli altri, dei familiari anzitutto.

Queste undici persone sono diventate protagoniste di u n’esperienza lavorativa in tre aziende agricole del territorio montane, realtà strutturate come fattorie, che coltivano i campi e realizzano, come la Manserra e la Addorisio, prodotti agricolo-caseari. 

Certo non è stato semplice imparare, ma i risultai ottenuti hanno dimostrato che gli undici neo-agricoltori e casari sono stati capaci di modificare e adattare alle proprie esigenze l’ambiente di lavoro.

Una necessità, più che un obiettivo ambizioso in un contesto come quello del Subappennino Dauno dove le difficoltà sono il pane quotidiano di tutti, anche dei cosiddetti normali, alle prese con la difficoltà di trovare lavoro, ma anche con ostacoli a volte insormontabili come l’isolamento che deriva da frane, strade sconnesse, inclemenze atmosferiche che rendono enormi le consuete carenze, ad esempio, della rete stradale.

Così undici pazienti del Centro di salute mentale diretto da Giuseppe Pillo hanno fatto il loro ingresso nel mondo della produzione, scegliendo quella parte di questo microcosmo più vicina alle vocazioni del territorio: l’agricoltura e l’agro-alimentare. 

Dall’altra parte, imprenditori agricoli illuminati, che hanno aperto le porte delle loro aziende e quelle del loro cuore, decisi a superare in modo fattivo ogni pregiudizio, quello dello stigma anzitutto che da sempre accompagna il disagio mentale e produce discriminazione, esclusione sociale e lontananza assoluta dal lavoro, da quell’attività che dà dignità ad ogni persona e la fa sentire utile. 

Quale strumento migliore per “provarsi”, per una persona poco abituata a contare su se stessa? «Non credo che sia proprio il lavoro in sé ad ottenere la riabilitazione – ha dichiarato il dott. Giuseppe Pillo, responsabile del Centro di salute mentale della Asl che ha sede a Troia – il lavoro consente ad una persona di sperimentarsi, o risperimentarsi, trovando una propria collocazione». 
E’ sicuramente una scelta originale quella del Csm di Troia di ricorrere al lavoro come strumento di riabilitazione, o di sperimentazione di sè. Una scelta non comune agli altri Csm, ma già effettuata alcuni anni fa dal dott. Pillo, che per l’occasione fece cimentare i propri pazienti nella preparazione e nella vendita di prodotti tipici, con tanto di etichette e nomi ironici e di fantasia: uno fra i tanti, caciomatto.

[a.lang.]  da La Gazzetta del Mezzogiorno

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