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Il sacro quadro della Madonna della Colomba

di Teresa M. Rauzino

 Il tempio di Maria SS.ma della Libera, un tempo antica abbazia extra moenia, � inglobato attualmente al centro di Rodi Garganico. 

Sulla effigie della Vergine, venerata in questo santuario, lo storico rodiano Michelangelo De Grazia ci ha tramandato una suggestiva leggenda.

Quando Costantinopoli, capitale dell’impero romano d’oriente, fu espugnata dai Turchi nel 1453, i Veneziani in fuga dalla citt�, cercarono di salvare le sacre icone dalla distruzione, imbarcandole sulle loro galee.

Una di queste navi, giunta in direzione di Rodi, nonostante il vento favorevole, inspiegabilmente si ferm�, mentre le altre proseguivano la rotta per la Serenissima.

Il capitano, sorpreso, discese al lido per chiedere chiarimenti agli abitanti, che non seppero dargliene. Mentre in loro compagnia s’incamminava fuori le mura della citt�, vide l’effigie della madre di Dio, quel “greco pannello” che lui aveva portato in salvo nel proprio naviglio, “tenersi ritto” sopra un macigno, senza alcun supporto.

Sospettando che la sacra immagine fosse stata sbarcata furtivamente e venduta dai suoi marinai, e ritenendo quasi un obbligo morale condurla in salvo a Venezia, la riport� a bordo. Ma la galea, nonostante il vento e le correnti favorevoli, per tutta la notte non riusc� a riprendere il largo.

Il mattino seguente, il capitano scese di nuovo a terra. Le grida del popolo: “Miracolo miracolo!” attirarono la sua attenzione: riconobbe, nello stesso luogo del giorno precedente, e nella medesima posizione, la sacra icona. Ritenendo ci� una chiara manifestazione del desiderio della Vergine di voler restare in quei lidi, il capitano don� il quadro alla popolazione.

E cos� finalmente pot� riprendere la rotta. Giunto nel porto di Venezia scrisse ai Rodiani che la sua nave, nonostante il ritardo di due giorni, era giunta felicemente a destinazione tre giorni prima delle altre galee.

Il De Grazia sposta al periodo iconoclasta la data di traslazione del quadro. Fu allora che  i cattolici d’Oriente si adoperarono in ogni modo per salvare dal rogo le sacre immagini, imbarcandole di nascosto sulle navi in partenza per l’Occidente.

Mirabile � la sua descrizione della “Madonna della colomba”:

“In un verde prato, tappezzato di variopinti fiori � situato un poggiolo, sopra cui havvi un guanciale, dagli angoli del quale pendono quattro fiocchi d’oro. Sopra di esso � seduta la Vergine, avente al sinistro braccio il bambino, che serra fra le dita un colombino, che gli lambisce la mano; ha la destra alzata, con la palma aperta in faccia al pubblico, per mostrare una crocetta dipinta in oro in mezzo di essa.

E’ vestita con peplo rosso semplice, e con manto celeste, tirante al verde, tempestato di grossi fiori di oro, che scende ai piedi, increspato fino alle ginocchia e bottonato alla gola, sul cui bottone risalta una croce d’oro. Una corona dipinta anche in oro l’accerchia la testa, ed una cortina, fondo carminio, ricca di vari disegni, pende sospesa dietro le spalle. Ha genuflessi ai piedi due devoti, in costume greco ed in atteggiamento di preganti. Finissimi sono i colori della pittura, bruna la carnagione e nell’assieme si pu� dire un quadro raro”.

Altri segni vibranti dell’ancestrale culto mariano, insito nell’animo sensibile della gente garganica, sono custoditi oggi nel Santuario della Madonna della Libera.

Sono gli ex voto, offerti dai fedeli alla Vergine per “grazia ricevuta”, oggi preziose testimonianze di un’arte popolare scomparsa.

Dalle pitture delle tavolette votive affiora un drammatico spaccato di vita quotidiana: si visualizzano, davanti ai nostri occhi, i frequenti naufragi dei trabaccoli che, tra Ottocento e primo Novecento, solcavano arditamente l’Adriatico, impegnati nel redditizio commercio degli agrumi.

 

 

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