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FOGGIA – Oggi, nel 1999, la guerra dei Balcani spinge nel campo di Borgo Mezzanone 2300 profughi

Pubblicato: giovedì, 7 agosto 2014 Commenta questo articolo Nessun commentoTorna alla pagina iniziale

A sinistra, don Domenico Facciorusso

Oggi, 7 Agosto del 1999, il campo di accoglienza per immigrati di Borgo Mezzanone raggiunge la sua capienza massima, ospitando oltre 2300 profughi della guerra dei Balcani* (dall'Agenda 2014 della Fondazione Banca del Monte di Foggia. Progetto editoriale: Filippo Santigliano. Ricerca e testi: Davide Grittani. Editing e curatela: Saverio Russo, Filippo Santigliano)  

* IL RACCONTO DI QUELLA ESTATE DEL 1999 (dal diario di Maurizio Baldini, volontario della Croce Rossa, scritto nel Campo Profughi Kosovari di Borgo Mezzanone, Foggia) Borgo Mezzanone, sabato 28 agosto 1999 Sono qui a godermi quei 20 minuti di riposo che la Capo Campo ci ha quasi imposto poco fa; sono all'ombra, per fortuna. 

Avremmo avuto un agosto caldo, avevano preannunciato i metereologi, ma mi chiedo se sapevano che sarebbe stato così caldo. Forse qui nelle Puglie è sempre così, ma io sono abituato alla mia Umbria dove c'è sempre un refolo di vento. Un tavolino, un bel bicchiere di the freddo e il mio diario per scrivere due righe. Sono fortunato.

Sono giorni che non avevo il tempo di farlo. Adesso ce l'ho e ne approfitto. Tempo di tirare un po' di somme. Certamente è stata per me una bellissima esperienza sotto qualsiasi profilo, sia umano che professionale.

 E pensare che sono partito in uno stato interiore di grande dubbio ed incertezza perché le domande che mi turbavano erano tante: non essendo io un esperto di situazioni di tale emergenza (sì avevo dato una mano al terremoto in Umbria, a Nocera, ma solo come magazziniere) sarei stato all'altezza della situazione? quale comportamento avrei dovuto avere con questi profughi? che tipo di Volontari avrei trovato? 

E poi c'erano le domande martellanti: che vado a fare in quei luoghi così lontani da casa dove non conosco nessuno, lasciando soli i miei genitori, le mie abitudini, i miei amici? chi me lo fa fare a dedicare le mie ferie ("Maurizio – diceva la vocina – poi torni al lavoro!") a questa causa quando potrei tranquillamente andarmene al mare o in montagna? Adesso che sono qui mi dico che la risposta l'ho trovata riflettendo sui sette principi fondamentali della Croce Rossa… quelli che l'ispettore C. continuava a ripetere ogni momento quando veniva a fare visita alla nostra Delegazione (oggi Comitato Locale n.d.r.).

 C'è una frase per me mitica che dice: "In questa società del duemila non occorrono dottori o laureati, ma testimoni"; ecco perché sono venuto e non me ne pento. Con semplicità, umiltà e molta disponibilità sono venuto in questo Campo Profughi e oggi, quasi alla fine di questa esperienza, posso dire che è stata una prova di vita irripetibile. Sono fiero di indossare la mia Divisa Operativa; credo molto in quella Croce Rossa su fondo bianco e in questi giorni la indosso sempre, come vuole il Regolamento; anche qui in questo Campo noi siamo al di sopra delle parti e vogliamo soltanto aiutare chi ne ha bisogno. 

Ma siamo esseri umani anche noi e non volevo che mi sentissero "diverso" e credo di avercela fatta: questa gente vede in me un uomo della Croce Rossa che si chiama Maurizio. Caro diario non ti dico che fatica farsi capire quando si ha a che fare con una lingua così diversa dalla tua! 

Bisogna inventarsi la comunicazione dei gesti da entrambe le parti. E quali momenti migliori per cimentarsi con quest'arte se non nelle colazioni del mattino, nei pranzi e nelle cene? Un saluto, un sorriso, una dolce carezza ad un bambino (che caro che è Kemajl !), una pera o mela in più… tutte cose che in breve tempo mi hanno permesso di essere per loro un amico. Lo sai che sono alto due metri e sapessi come mi viene da ridere quando vado in giro e mi sento chiamare "SuperMan" da questa cara gente; per i bambini, poi, sono un parco giochi e mi si arrampicano addosso con affetto. Mi sono cari.

Ho la mia borsa (sì, quella blu della Croce Rossa con lo stemma sui lati) piena di ricordi che loro mi hanno voluto dare. Fino ad oggi non sapevo che quando ti vogliono dimostrare amicizia scrivono su dei fogli cose carine per te nella loro lingua e poi "firmano" disegnando anche la loro stessa mano seguendo con la penna i contorni delle dita con tanto di unghie ed eventuali anelli.  Adesso lo so.

 Chissà dove andranno e che vita avranno questi mille profughi che sono qui; io fra pochi giorni torno a casa, loro no. Fa un caldo boia in questi giorni, d'altronde è agosto. Siamo 10 Volontari e di lavoro ne abbiamo certamente tanto da fare nella giornata. Quante Regioni d'Italia che ci sono fra noi qui: piemontesi, laziali, friulani e trentini… all'Umbria ci penso io; poi ci sono quelli della Croce Rossa della Regione Puglia e loro sono tanti che si avvicendano continuamente. 

Per loro l'emergenza è cosa lunga. Lavoriamo bene insieme e facciamo davvero una bella squadra; siamo affiatati; c'è rispetto fra noi e la sera siamo contenti di stare insieme a commentare i fatti del giorno appena finito. Abbiamo trovato una situazione normale e ben gestibile (evidentemente chi ci aveva preceduti aveva fatto un buon lavoro); sono bastati due giorni per capire i meccanismi ed entrare a pieno ritmo nella struttura.

 Si lavora meglio quando si usa la logica. C'è solo l'imbarazzo della scelta: pulizia interna ed esterna delle roulottes, sistemazione del magazzino con registro di entrata e uscita del materiale, distribuzione pasti, preparazione kits (asciugamani, shampoo, sapone da barba, lamette, dentifricio con spazzolino ed altro ancora) in previsione di nuovi arrivi, sistemazione dei profughi nelle singole roulottes, distribuzione vestiario, trasporto infermi, giochi di animazione per i bambini. Bella cosa il Volontariato! E' un servizio alla vita (vuoi vedere che ho creato un motto?). Una realtà, il Volontariato, che trovi dovunque e che non ha prezzo.

Si dà e si riceve continuamente. Mi fa proprio piacere farne parte. Mi ha aiutato ad aprirmi agli altri, di conoscere altre persone, culture diverse e lingue diverse; mi ha aiutato ad essere amico di questa gente privata dalla guerra di tutte le sue cose più care. E pensare che solo pochi giorni fa pensavo alle mie "ferie" come se fossero state un bene di particolare pregio.  

BORGO MEZZANONE, PARLA IL PARROCO: LA NOSTRA PICCOLA LAMPEDUSA (di Matteo Palumbo, da Il Mattino di Foggia del 09/07/2013) Un Papa ‘venuto dalla fine del mondo’ che fa il suo primo viaggio apostolico nella terra degli ultimi. La visita di Papa Francesco a Lampedusa è sicuramente un evento sferzante per tutto l’Occidente; un gesto simbolico ed eclatante che connota la nuova strada intrapresa dalla Chiesa cristiana. Forti e dirompenti i gesti e le parole visti ed ascoltati ieri da quel di Lampedusa.

“La cultura del benessere ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, in una situazione che porta all'indifferenza verso gli altri – ha detto il Papa -, anzi porta alla globalizzazione dell'indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell'altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro! Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? – ha chiesto il Papa parlando dell'aspetto dell'indifferenza – Nessuno!

Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c'entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio – ha proseguito – chiede a ciascuno di noi: 'Dov'è il sangue di tuo fratello che grida fino a me?'. Oggi nessuno si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell'atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell'altare, di cui parla Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo 'poverino', e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci sentiamo a posto.

La cultura del benessere – ha sottolineato Bergoglio -, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l'illusione del futile, del provvisorio, che porta all'indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell'indifferenza". Secondo il Papa, "ci siamo abituati alla sofferenza dell'altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!".

"Ritorna la figura dell'Innominato di Manzoni – ha aggiunto -. La globalizzazione dell'indifferenza ci rende tutti 'innominati', responsabili senza nome e senza volto". Ma, da Lampedusa a Borgo Mezzanone, ‘lembo di terra afferente al Comune di Manfredonia’, sede di uno dei campi di accoglienza per richiedenti asilo presenti in Italia, il passo è brevissimo. Una 'periferia esistenziale', per dirla con la felice espressione di Papa Francesco, postazione avanzata solidale per quanto espresso nei termini 'integrazione' e 'promozione umana'.

“Questo luogo – spiega a IL MATTINO Don Domenico Facciorusso, direttore Caritas diocesana e parroco di Borgo Mezzanone- in cui la diversità culturale è accolta e promossa attraverso una carità intelligente e appassionata. Oggi la parrocchia di circa mille anime è ben organizzata nella gestione di opere segno finalizzate sia all’aiuto delle persone in difficoltà che all’ambito educativo culturale: il dormitorio Caritas ‘Casa Speranza’, che in dieci anni ha accolto gratuitamente più di 800 immigrati di passaggio; il dispensario indumenti ed alimenti per le famiglie bisognose; le vacanze solidali estive per giovani del territorio. A ciò si aggiunge il servizio di mediazione realizzato dallo sportello di ascolto ed orientamento.

Anche la Messa domenicale è celebrata in lingua italiana e straniera, per favorire la partecipazione degli immigrati cristiani. Significative le iniziative culturali promosse durante l’anno insieme alla scuola nel comune intento del fare “rete” tra le varie agenzie educative”. In definitiva, in questi ultimi dieci anni, Mezzanone è cambiata in meglio. Ma è stato un percorso lungo e faticoso, in cui si è investito tanto nel superare i facili pregiudizi, spesso dovuti alla carenza di servizi delle stesse istituzioni e alla cattiva informazione.

“L’umile zona rurale, terra colorata del pomodoro e dal grano – racconta Don Domenico- accoglie oggi nel suo territorio la presenza di immigranti economici e, soprattutto, dei richiedenti asilo politico, ospiti nel vicino campo polifunzionale della locale prefettura. Storie di umanità ferita e solidarietà organizzata, luogo teologico in cui la comunità verifica quotidianamente lo spessore della sua testimonianza cristiana. In questa cornice si realizza ormai da anni il servizio educativo della piccola comunità di Borgo Mezzanone, parrocchia di circa mille anime a soli tredici chilometri da Foggia e inserita nell’arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo.

Si è molto investito nel dialogo con tutti, nel fare sinergia, concertazione con associazioni e istituzioni. Si è investito in una corretta informazione, imparando a diffondere comunicati stampa e a difendersi da attacchi fondati su ideologie discriminanti. In questi anni – evidenzia – non sono mancate neanche le minacce e le diffamazioni, il vuoto chiacchiericcio o il politico di turno in cerca di voti elettorali.

Nel tempo il ‘volto’ del diverso è divenuto ambito di crescita umana, luogo in cui emerge la verità del proprio cuore solidale. Oggi si continua a superare il clima diffidente o pauroso coinvolgendo le istituzioni e promuovendo iniziative culturali partecipate. D’altra parte l’integrazione degli immigrati –economici e richiedenti asilo- segue anche l’informazione circa i “doveri” che essi stessi sono tenuti ad osservare per una serena convivenza con gli stessi residenti. In quest’ottica anche Mezzanone può essere un ‘faro solidale’, per usare le stesse parole indirizzate ai lampedusiani da Papa Francesco. In un mondo in cui ‘la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere’ la periferia può aiutare la città a recuperare quei valori fondamentali per una società giusta e accogliente verso tutti”.

E la mente corre alla Giornata Mondiale del Rifugiato, che si è celebrata il 20 giugno, quando, vista la significativa presenza di richiedenti protezione internazionale e di rifugiati in Capitanata, la Curia dell’Arcidiocesi di Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo, attraverso il suo Ufficio Migrantes per la pastorale dei migranti ed itineranti, aveva organizzato un incontro di Commemorazione dei migranti morti nel Mediterraneo, dal titolo "Dal ventre del mare".

In quell’occasione, come fatto ieri da Papa Francesco, presso il Faro del Molo di Ponente del porto di Manfredonia, hanno guidato la preghiera mons. Michele Castoro, Arcivescovo di Manfredonia; padre Marian Micu, della Chiesa ortodossa di Cerignola; Moussa Gningue, della comunità musulmana del "Ghetto" di Rignano Garganico;Louai Yacobu, della chiesa Maronita Siriana; Ricardo Collazo, Pastore della chiesa evangelica-valdese di Foggia e Opu Diswas, induista del Villaggio "don Bosco"

da Il Mattino di Foggia & Provincia

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