Il Comune di Torremaggiore e il progetto europeo “Semina” Per la prima volta nella sua storia il Comune di Torremaggiore si è trovato ad affrontare l’attuazione di un progetto europeo, chiamato “Semina” e promosso dalla Uil Puglia, finanziato nell’ambito del programma d’iniziativa comunitaria “Adapt” rivolto alla crescita delle piccole e medie imprese e allo sviluppo del territorio. Cominciata nel 1998, in partenariato con l’Unione delle industrie minerarie e metallurgiche (UIMM) di Parigi, il consorzio d’imprese “Impreform” di Napoli e la Telehaus Wetter di Marburg (Germania), questa grande avventura è terminata nel gennaio 2001 quando, al convegno internazionale “Evoluzione della cultura d’impresa, sono stati presentati i risultati ottenuti sul campo dalla ricerca condotta dagli operatori del progetto guidati dal direttore, l’ing. Renato Lariccia, che al convegno ha presentato questa relazione in cui, di quei risultati, ne illustra dettagliatamente i contenuti. Nell’ambito dell’iniziativa “Adapt II fase”, che ha come obiettivo primario quello di facilitare il passaggio alla Società dell’informazione, il Comune di Torremaggiore ha attuato il progetto “Semina” rivolto a:
Per realizzare questi obiettivi, il progetto “Semina” si è avvalso di alcune attività:
Il progetto
“Semina” ha svolto un’indagine sulle caratteristiche
socio-produttive e occupazionali dell’area d’intervento (provincia
di Foggia) basata sui dati bibliografici e statistici esistenti e altri
dati raccolti attraverso la somministrazione di un questionario di tipo
strutturato e suddiviso in 4 sezioni:
Il
questionario è stato somministrato alle aziende che operano nel
territorio del Comune di Torremaggiore e nell’area provinciale in cui
lo stesso ha più relazioni economiche, sociali e occupazionali; vale a
dire nei territori comunali di:
Il campione intervistato è costituito da 924 aziende, selezionate in base ad un criterio di proporzionalità da un’elenco di circa 3.000 imprese, ottenuto consultando diverse fonti d’informazione (Camera di commercio, enti locali, “pagine gialle “, “pagine utili “, Guida Monaci). Ecco le 924 aziende suddivise per settori
Per quanto
attiene alla prima sezione del questionario (“ l’azienda e il
contesto”) - che indaga sugli elementi generali delle imprese
intervistate - è utile riportare qui alcuni dati più significativi: •
il primo è quello
relativo alla loro forma giuridica, con il 43 per cento delle imprese
che, si
presenta sotto forma di “ditta individuale”, mentre si
riscontra una scarsa presenza di forme
consortili e di cooperazione; • il secondo dato (che non ci ha sorpreso) è quello relativo alla netta prevalenza di imprenditori di sesso maschile (87 per cento) il cui titolo di studio è, nella maggior parte dei casi, il diploma di scuola media superiore. Si segnala poi una scarsa presenza di giovani nella direzione aziendale. E’ interessante rilevare che solo il l 7 per cento delle aziende campionate ha dichiarato di possedere la “certificazione di qualità”, mentre per quanto riguarda gli addetti presenti nelle aziende abbiamo trovato situazioni simili nei diversi settori (agricoltura, artigianato, commercio...): in sostanza si tratta, per la maggior parte, di operai assunti con contratto a tempo indeterminato ed anche, specie negli ultimi anni, con contratto di formazione-lavoro. Quest’ultimo ha portato ad un incremento dell’assunzione di giovani (tra i 18 e i 30 anni), grazie alle agevolazioni garantite ai datori di lavoro in materia fiscale e oneri sociali. L
‘ultima parte della sezione ( “l’azienda e il contesto” ) è
dedicata al mercato di riferimento, ed in particolare: - ai prodotti; - ai concorrenti; -
al mercato di sbocco e di approvvigionamento. Mi soffermo un attimo solo sul cosiddetto mercato di sbocco per dire che questo rimane soprattutto di ambito locale e regionale, mentre per il 19 per cento delle aziende si va anche in quello nazionale ed europeo (3 per cento). Su quest’ultimo dato va detto che tra i Paesi comunitari con cui le aziende hanno maggiori rapporti commerciali, in testa vi è la Germania mentre più di un’azienda ha dichiarato di esportare i propri prodotti anche in Paesi extra-europei come il Giappone, gli Stati Uniti d’America e la Corea. Con la seconda sezione del questionario ( “l’azienda e l’innovazione” ) abbiamo voluto invece descrivere: - la propensione aziendale all’investimento; - i presupposti per l’adozione dell’innovazione; -
il percorso per il
trasferimento delle innovazioni. Anche in questo caso ci soffermiamo solo sui dati più significativi della nostra ricerca. Ecco allora che appare interessante il contesto “impresa e fonti finanziarie per gli investimenti” dove abbianmo rilevato che il 64 per cento delle aziende intervistate destina solo una minima parte ( il 10 per cento) del propio fatturato agli investimenti, contro un 13 per cento che non ne riserva affatto. Nel dettaglio questa è una tabella che raffigura schematicamente la “ percentuale del fatturato aziendale destinato agli investimenti ”: In
particolare si è voluto verificare il rapporto che gli imprenditori
hanno con gli strumenti normativi previsti a sostegno delle piccole e
medie imprese (Legge 488 oppure quelle sulla imprenditorialità
giovanile ed altre ancora). Ebbene, il 60 per cento del nostro campione
di riferimento è a conoscenza di queste agevolazioni, con un 38 per
cento che le ha utilizzate ottenendo quindi dei finanziamenti per la
propria attività. Tra gli imprenditori intervistati, quelli che
maggiormente hanno fatto ricorso a questi strumenti, sono quelli in
possesso del titolo di studio di diploma di laurea. E questo è
certamente un dato interessante e significativo. Le aziende che hanno
dichiarato di investire in innovazione sono il 75 per cento del campione
e la maggior parte di esse lo fa con continuità; il 77 per cento poi ha
affermato che 1’innovazione tecnologica introdotta in azienda ha
riguardato in via esclusiva l’acquisto e o il rinnovo di macchinari e
attrezzature, mentre solo in minima parte l’acquisto di hardware e
software. E’ stato confortante rilevare che il 30 per cento delle
aziende campionate utilizza Internet come strumento tecnologico di
comunicazione. I vantaggi che gli imprenditori vorrebbero
dall’innovazione tecnologica sono soprattutto riconducibili a: - riduzione dei costi e aumento dell’efficienza aziendale; - miglioramento della qualità dei prodotti e dei servizi; -
maggiore
flessibilità e adattabilità. Nella terza sezione del nostro questionario (“l’azienda e l’informazione”), ai nostri imput gli imprenditori hanno risposto sostenendo di ritenere utili al proprio lavoro quelle informazioni che riguardano appunto l’innovazione e il mercato. Per reperire questo genere di informazioni ci si rivolge soprattutto alle rispettive associazioni di categoria (nel 41 per cento dei casi) con incursioni anche tra la stampa specializzata di settore e la comunicazione diretta. Tutte queste informazioni sono state giudicate, per la maggior parte, sufficienti e complete. Irrilevante, invece, è il dato che individua negli enti pubblici (Regione, Istituti di ricerca, Università...) o in altri organismi (ad esempio, studi privati di consulenza) i soggetti deputati a trasferire informazioni utili alle aziende. Con la quarta ed ultima, sezione del questionario (“la gestione delle risorse umane e le implicazioni formative”), si è cercato di capire, in primis, quali, siano le caratteristiche che le cosiddette risorse umane devono possedere, a giudizio degli imprenditori intervistati, per poter essere ottimamente impiegate in azienda. Da questo è emerso che le risorse umane (i dipendenti) devono innanzi tutto saper curare i rapporti con la clientela, avere capacità di comunicazione, competenze tecniche ed infine essere flessibili. E’
interessante poi rilevare che - seppure il 60 per cento ha dichiarato di
non aver avuto problemi di adattamento delle proprie risorse umane
all’introduzione delle innovazioni tecnologiche - la maggioranza degli
imprenditori è sensibile all’esigenza di formazione e aggiornamento
professionale: il 77 per cento degli intervistati è infatti convinto
che questi fattori siano determinanti per la crescita aziendale, specie
in ambito produttivo e commerciale. Si è visto, fin qui, che uno degli
aspetti principali del progetto “Semina” è quello di facilitare il
passaggio delle piccole e medie imprese alla Società
dell’informazione attraverso l’innovazione tecnologica. Per avviare
questo cammino è stato quindi necessario conoscere da vicino il tessuto
produttivo locale per evidenziarne i bisogni. A tale scopo è stata
approntata una banca dati sulla realtà imprenditoriale che rappresenta
il frutto di questa ricerca. Sappiamo che per godere pienamente dei
vantaggi derivanti dalle applicazioni tecnologiche proprie della Società
dell’informazione, occorre una notevole capacità di adattamento da
parte di tutti gli attori dell’organizzazione aziendale. Questo, perché
la diffiusione su larga scala delle nuove tecnologie dell’informatica
e della comunicazione incide radicalmente sulla produzione e
sull’organizzazione stessa del lavoro, con conseguenti processi di
flessibilità e mobilità. La posta in gioco è alta e le opportunità
di crescita sono tante. Si pensi, perciò, alle possibilità di: - miglioramento del mercato di sbocco; - riduzione dei costi e del tempo necessario a realizzare le transazioni commerciali; - miglioramento della qualità di beni e servizi; - miglior utilizzo delle risorse umane; -
riduzione
dei costi del lavoro. Per
realizzare tutto questo è necessario: • rafforzare le competenze gestionali per quanto riguarda l’introduzione delle nuove
tecnologie, che a loro volta
creano nuove opportunità nel contesto del mercato globale; •
sostenere
la diffusione di esperienze “modello” nell’applicazione delle
nuove tecnologie sul
posto di lavoro, attraverso la promozione di “reti” per lo
scambio di informazioni tra imprese; • stimolare la capacità aziendale ad affrontare le modifiche della domanda strutturale e ad
adottare cambiamenti nelle
tecniche e/o nei sistemi di produzione. Se il passaggio alla Società dell’informazione richiede notevoli capacità di adattamento, non bisogna sottovalutare il rischio di esclusione culturale (che può derivare dalla mancanza di qualifica del lavoratore). In effetti, una società basata sulla conoscenza richiede figure professionali altamente qualificate perché per sfruttare pienamente le nuove potenzialità di sviluppo e riuscire a governare l’impatto che la Società dell’informazione ha sul tessuto produttivo e occupazionale, occorre una concreta padronanza nell’uso delle nuove tecnologie informatiche e della comunicazione. Da questo quadro emerge una nuova centralità della “risorsa umana”, accompagnata dallo sviluppo dei processi formativi. La realizzazione di attività di formazione specifiche, 1egate alla necessità aziendale di poter contare sull’apporto di figure professionali qualificate, deve essere continua, deve mirare a ridurre il rischio-perdita posti di lavoro e all’adeguamento degli standard professionali alle reali esigenze del mercato. Quel che è certo fin da ora è che la Società dell’informazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche e della comunicazione aprono la strada a nuove opportunità di sviluppo non solo economico, ma anche sociale e culturale, senza però dimenticare o sottovalutare le conseguenti problematiche che tutto ciò produce. Di conseguenza, bisogna adattarsi ai cambiamenti in atto e bisogna farlo rapidamente se non si vuole correre il rischio di restare schiacciati da questo processo di innovazione tecnologica che è oramai inarrestabile. Solo così, realtà come la nostra, dove perdurano “resistenze“ all’innovazione (sia di prodotto che di processo) possono beneficiare degli effetti positivi in termini di occupazione e qualità della vita che tale innovazione produce. |