IL PERSONAGGIO.
LO SMINATORE NICOLA SGHERZI, ANTI-EROE DEI NOSTRI GIORNI
Il
4 gennaio 2007 Nicola Sgherzi, maresciallo maggiore dell�Esercito
italiano, originario di Vico del Gargano, � stato ospite della
trasmissione di Paolo Bonolis �Il Senso della Vita� in onda su Canale 5.
Sgherzi ha offerto una toccante testimonianza dei recenti interventi dei
soldati italiani inviati a Sarajevo e nei paesi dell�ex Jugoslavia in
missione di pace, ricordando le atrocit� commesse dai cecchini e dai
�seminatori di mine� persino sui cadaveri, utilizzati come esche per far
saltare in aria anche i familiari impegnati nel recupero dei corpi.
Bonolis ha intervistato Sgherzi a lungo, restando sensibilmente toccato
dai particolari del salvataggio, operato da Sgherzi il 9 febbraio 1996,
di una donna bosniaca rimasta ferita in un campo minato.
Quell�intervento, considerato �di routine�, nel 1998 valse al
sottufficiale vichese una medaglia d�argento al valor militare,
conferita dal Ministero della Difesa su decreto del Presidente della
Repubblica. La motivazione � riportata sulla Gazzetta Ufficiale n. 137
del 15-06-1998.
�Il maresciallo capo Nicola Sgherzi, nato il 9 maggio 1958 a Vico del
Gargano (Foggia), sottufficiale facente parte del nucleo B.O.E.
inquadrato nella compagnia genio guastatori del contingente Italfor per
l'operazione "Joint Endeavour" in Bosnia-Erzegovina, ha operato con
grande determinazione, lucidit�, indiscussa competenza ed elevatissima
professionalit�. Nell'assolvimento del delicatissimo e rischioso
incarico, condotto in prima persona, in modo encomiabile, ha evidenziato
grande coraggio, sangue freddo, chiarezza di idee e sprezzo del pericolo.
Nel
corso di una operazione di sminamento di uno dei quartieri pi� a rischio
di Sarajevo, accorreva prontamente in soccorso di una donna bosniaca,
incautamente entrata in una zona minata e coperta dalla neve, rimasta
gravemente ferita da una mina che aveva inavvertitamente attivato.
D'iniziativa e senza indugio raggiungeva la donna ferita, esponendo la
propria vita a manifesto rischio, riuscendo, con l'aiuto di un collega,
a trarla in salvo. Chiaro esempio di spiccato coraggio, singolare
perizia, generosit� incondizionata e altissimo livello di addestramento
e professionalit�". - Sarajevo (Bosnia-Erzegovina), 9 febbraio 1996 - 6
giugno 1996.
A
Sarajevo, nel marzo 1996, il maresciallo Sgherzi fece da guida nei
sobborghi appena abbandonati dai serbi a Maria Grazia Cutuli, la
giornalista del Corriere della sera assassinata nel 2001 in Afghanistan,
che lo ricord� nel servizio �E� pace triste a Sarajevo�, pubblicato sul
Corriere nel marzo 1996: �L'ultimo giro con alcuni militari del
contingente italiano, 2 mila e 500 bersaglieri arroccati nei punti pi�
delicati di Sarajevo ci riporta nei sobborghi abbandonati dai serbi, a
Grabavica, oltre quello che un tempo era chiamato Ponte delle
fratellanza. E' Nicola Sgherzi, il maresciallo dei Boe, il nucleo
Bonifica ordigni esplosivi, diventato �eroe� nazionale da quando ha
attraversato un campo minato per mettere in salvo una donna ferita, a
indicare il percorso che per tre anni ha diviso una fazione per l'altra.
La �linea di confrontazione�, come la chiamano in gergo: una gruviera di
condomini oggi controllati dall'Ifor, ieri covo di decine di cecchini
che tiravano da un palazzo all'altro, di fronte allo scheletro di
cemento dell'ex Hotel Bristol. �Fate attenzione a mettere i piedi dove
li metto io�, consiglia il maresciallo. I giardinetti condominiali
coperti di neve nascondono infatti trappole letali, migliaia di mine
sparse alla periferia di Sarajevo, destinate chiss� per quanti altri
anni ancora a seminare morte. I militari hanno cominciato a toglierne
qualcuna, ma toccher� alle autorit� della Federazione croata musulmana
bonificare le terre inzuppate di sangue e di neve della ex Jugoslavia�.
Ma Sgherzi rimase ancora in Bosnia, impegnato nell�opera di sminamento.
Il Corriere della sera torn� ad occuparsene nel 1999. Elisabetta
Rosaspina il 23 Giugno 1999 gli dedic� un servizio dal titolo:
�Maresciallo Sgherzi, dieci anni in mezzo alle mine�. Lo riportiamo
integralmente, perch� ci restituisce l�atmosfera di quei giorni
terribili:
�PEC (Kosovo) 23 Giugno 1999 - Si pu� indovinare il piacere dell'uomo
senza volto che collegava il detonatore della bomba a un filo e il filo
alla maniglia della porta d'ingresso della villetta; e poi se n'� andato,
dolente di non poter restare l� a godersi lo spettacolo, quando qualche
maledetta famiglia albanese sarebbe saltata in aria. Nell'esatto momento
in cui si illudeva di essere tornato a casa. Si pu� immaginare che
l'uomo senza volto era un militare serbo addestrato proprio a questo
compito, e che la sua rabbia per la sconfitta fosse addolcita soltanto
dal pensiero della vendetta differita di qualche giorno o settimana, ma
quasi certa. Salvo un deprecabile intoppo. Come un difetto del
detonatore o un animale troppo curioso.
L'intoppo, invece, ha un nome e un grado: Nicola Sgherzi, maresciallo
capo del gruppo B.O.E., Bonifica ordigni esplosivi. Foggiano, 42 anni,
sorriso ottimista, fisico da acrobata: ridotto, ma agile. Sono dieci
anni che sfida l'astuzia di chi nasconde il �filo d'inciampo� dietro i
pomoli delle porte e delle finestre, sotto un tappeto, persino nell'anta
del frigorifero o fra le molle di un divano, dove basta il peso di un
bambino per far scattare il congegno. �Hanno avuto almeno due mesi di
tempo per seminare di trappole la citt�: non nasconde il vantaggio
degli avversari il maresciallo, istruttore degli sminatori in azione da
otto giorni per l'�operazione Pec pulita�. Non da un'etnia, per una
volta, ma dai �fili di inciampo�.
Prima di andarsene o di fuggire, i serbi hanno minato anche le loro
case, per evitare che fossero occupate dai profughi di ritorno. Sarebbe
bastato bruciarle, come hanno fatto con quelle degli albanesi
nell'illusione di cacciarli per sempre. Ma perch� rinunciare alla
possibilit� di farne fuori qualcun altro a tempo, e guerra, persi? Il
maresciallo SGherzi e i suoi uomini ripuliscono una casa ogni dieci
minuti, pi� il tempo necessario per entrare, passando attraverso una
finestra aperta o un varco nel tetto. Conoscere gli ordigni - e Nicola
Sgherzi ha avuto il tempo di familiarizzare con centinaia di modelli -
non basta comunque a evitarli: �Sono quasi tutti di fabbricazione russa,
cecoslovacca o jugoslava - dice -. Il collegamento invece � artigianale,
ma � sempre fatto da una mano esperta�. Per disinnescarlo ce ne vogliono
almeno tre. Da buon foggiano e uomo di fede, Nicola sa chi ci mette la
terza, oltre alle sue: �Padre Pio - sorride e si commuove -. Mi ha
protetto lui, quella volta, in un campo minato a Sarajevo�. Nessuno ci
voleva entrare, n� i militari inglesi, n� i francesi, impietriti sul
bordo di un prato disseminato di ordigni e coperto di neve, dove una
donna aveva cercato di sfuggire al tiro dei cecchini. Nella corsa
Staniza, 55 anni e 80 chili di peso, aveva calpestato una mina e
l'esplosione le aveva mutilato una gamba appena sotto al ginocchio: �Aiuto,
Ifor! Ifor!�, invocava inutilmente il soccorso della forza
internazionale. Il sangue caldo scioglieva una chiazza di neve sempre
pi� larga intorno a lei, dove nessuno osava avventurarsi per riportarla
indietro. Tranne Nicola e Padre Pio. Nicola ci ha messo le braccia e il
coraggio, Padre Pio l'ispirazione giusta: �Ho poggiato i piedi dove li
aveva messi lei, seguendo le sue impronte nella neve. Gli unici punti
gi� collaudati�.
Nicola Sgherzi non ha pi� visto Staniza. Anche se, chiudendo gli occhi,
pu� ricordarsela benissimo: una mamma grigia e ampia, come le mamme di
una volta, che gli accarezzava piano i capelli e gli diceva
nell'orecchio �Grazie italiano, grazie italiano�. Con 80 chili sulle
spalle, lui tentava con una mano di bloccare l'emorragia di sangue dal
moncone, mentre sotto l'altro braccio teneva stretto il pezzo di gamba
tranciato. Difficile dimenticare momenti cos�. E anche quella voce
tremante che, invece di urlare di dolore e paura, gli respirava sul
collo tutta la sua gratitudine. Staniza ha perso la gamba, ma pu� ancora
raccontare di quel giovanotto italiano, l'unico che non � rimasto a
guardarla morire dissanguata in mezzo alla neve e alle mine.Tremerebbe
per lui come una mamma, se sapesse che adesso � in Kosovo a dragare
altri campi minati, per costruire un aeroporto militare a Pen, o a
disinnescare ordigni nascosti sotto la moquette: �Mai camminare sui
tappeti - consiglia Sgherzi - a chiunque capitasse di entrare in una
casa abbandonata in zona di guerra -. Non bisogna aver paura, ma
rispetto delle bombe. Nessun tipo va sottovalutato. Se gi� lo conosco ci
metto le mani. Altrimenti gli affianco un'altra carica e le faccio
esplodere insieme. Non corro rischi inutili, ho tre figlie, Nunzia,
Antonella e Lea, e voglio tornare da loro a Vico del Gargano�. Fra sei
mesi, quando finir� il suo turno nella missione in Kosovo. Ma le ragazze
si sono abituate. La maggiore delle sue figlie aveva dodici anni e la
minore sei, dieci anni fa, quando Nicola Sgherzi entr� nell'adrenalinico
reparto dei bonificatori di esplosivi: il primo incarico in Mozambico,
poi altri tre anni in Bosnia. Ma si pu� star certi che quando una donna
senza una gamba o una famiglia senza un tetto lo ringraziano, la sua
soddisfazione � senz'altro pi� grande di quella dell'uomo senza volto�.
Oggi Nicola Sgherzi ha 48 anni. Il suo volto � segnato da profonde
cicatrici. Continua nella sua incessante opera di sminatore. Va dovunque
c�� bisogno della sua opera. Rischia la vita ogni giorno per salvare la
vita di tante persone che potrebbero perderla se le mine non fossero
disinnescate.
Sgherzi � fiero di essere italiano. La cosa pi� bella emersa ieri sera,
nella trasmissione di Bonolis � proprio questa: la donna bosniaca che
salv� caricandosela sulle spalle, in quel freddo giorno di febbraio non
smetteva mai di mormorare: �Bravo italiano, bravo italiano!�. La pi�
bella ricompensa per Nicola!
Ma Sgherzi non si ritiene affatto un eroe. �Ho fatto soltanto il mio
dovere. Tutti avrebbero fatto quello che ho fatto io!� ha ripetuto
spesso. Non � una falsa ritrosia, la sua. Ai funerali del
caporalmaggiore Corrado Di Giacobbe, il militare vichese di 24 anni
stroncato dal linfoma di Hodgkin il 7 novembre 2001, tra le mille
persone presenti c�era anche Nicola Sgherzi, che quel giorno comment�
tra le lacrime: �Il vero eroe di Vico � Corrado�.
Di Giacobbe era un suo amico. Aveva partecipato a due missioni in
Bosnia, nel 1997 e nel 1998, dove contrasse la malattia a causa del
contatto con i proiettili all�uranio impoverito. A nulla valsero tre
cicli chemioterapici e due trapianti di midollo. Non ce la fece!
Vogliamo ricordarlo oggi, insieme a Nicola Sgherzi.
powered by
foggiaweb.it |
|