Neve e
neviere in Capitanata
Lucia Lopriore, con una meticolosa ricerca, basata sui fondi documentari
dell'Archivio di Stato di Foggia, proietta un fascio di luce su una vitale
realt� produttiva pugliese
TERESA MARIA RAUZINO
In Sicilia, dall'Etna agli Iblei,
da epoche antichissime fino ai primi del '900, era intensa l'attivit� della
conservazione della neve che dava da vivere ai contadini e ricchezza ai nobili
che ne avevano la �privativa�. I principi Alliata, che avevano la �privativa�
per Buccheri, erano attrezzati con le barche della neve (barche ra nive) per il
trasporto della neve a Napoli e Malta.
Ma le neviere non esistevano soltanto in Sicilia. Anche qui da noi, in tutti i
centri della Puglia, vennero creati dei depositi, le neviere appunto, da dove il
prodotto veniva regolarmente distribuito al dettaglio dai nevaroli, che avevano
avuto l�appalto del prodotto per i vari paesi.
Lucia Lopriore, con la sua minuziosa ricerca �Le neviere in Capitanata. Affitti,
appalti, legislazione � proietta un fascio di luce su questa vitale tradizione,
sottraendola al silenzio e alla preziosa �muffa� dei documenti dell�Archivio di
Stato di Foggia. I contratti d�appalto, documentati paese per paese, aprono uno
spaccato su un mondo forse perduto. Il linguaggio �notarile�, burocratico,
ostico per i non addetti ai lavori, acquista un senso.
Gi� dall�inizio dell�Ottocento, l�illuminista vichese Michelangelo Manicone, ne
�La Fisica Appula�, attest� la presenza di neviere: �A San Marco (in Lamis) �
ben vero, che nella state havvi molta neve conservata ne� boschi�. �Quanto �
caldo di est� il clima Sammarchese, altrettanto � rigido nella invernale
stagione. Cinta essendo questa popolazione all�Est, al Nord, ed all�Ovest da
eccelse aspre montagne, vi cade spesso molta neve, che vi resta molti giorni; e
di qui l�algente freddo di San Marco�. Rignano Garganico aveva un clima ancor
pi� rigido: �Giace Arignano su di una grossa e nuda rupe, ed � dappertutto
circondato da un suol pietroso. Pi� freddo di quello di San Marco � poi nel
verno il suo clima�. E Manicone raccomandava caldamente allo sprovveduto
�forestiere�: �Stattene qua solo nella stagione de� fiori!�.
A quel tempo, in Capitanata, luoghi come San Marco in Lamis e Rignano,
tradizionalmente vocati alla caduta degli �algidi cristalli�, alimentarono
quindi una vera e propria catena del freddo. Dalle neviere, la neve veniva
smistata nel Gargano Nord, dove i bianchi fiocchi non cadevano quasi mai, ma
anche nei paesi in cui il prodotto locale non era sufficiente al bisogno. Come
nel Palazzo Ducale di Urbino, le neviere erano spesso presenti negli ambienti
ipogei dei palazzi. I Loffredo, signori di Sant�Agata, Bovino e Guevara ne
possedevano due. La famiglia che ebbe la �privativa� della neve su Foggia fu
quella dei Marchesi Cavaniglia, nobili �illuminati�, provenienti da San Marco
dei Cavoti. In Capitanata detenevano i feudi di San Giovanni Rotondo e di Rodi
Garganico. Gi� dal Settecento, mandavano i loro trabaccoli carichi di agrumi,
non sappiamo se stipati anche di neve compressa, fino a Trieste. A Foggia i due
prodotti vennero sicuramente smistati assieme. Anche nel caso della nobile
famiglia rodiana, come per i siciliani principi Alliata, duchi di Buccheri, il
cerchio si chiudeva, probabilmente, sul nesso: Neviere/agrumi/commercio.
Un�ipotesi ancora tutta da sondare.
Anche in molte masserie
fortificate nobiliari sparse nel Salento, vi erano delle neviere. Una ��neviera
atta a conservar la neve�� � riscontrabile presso la masseria Favarella, di
Acaya, di propriet� nel 1674 del pizzimicolo di Lecce Andrea Favarella, dal
quale, poi, prese il nome attuale. Una delle neviere pi� grandi che si conosca �
quella che si trova sotto il castello Carlo V, costruito dall�architetto
militare Gian Giacomo dell�Acaya di Lecce. Anche Caprarica ebbe le sue neviere;
una era posta, lo testimonia il Catasto Onciario del 1744, presso una
casa-torre, di propriet� di Diego Brunetti, patrizio di Lecce (p. 244 del
catasto). Il documento recita: ��Possiede il Palazzo con pi� e diverse camere
superiori ed inferiori, stalle, rimesse e nivera con piccolo giardino di
delizia, sito fuori l�abitato per uso proprio e del suo agente�.
La ricerca di Lucia Lopriore potrebbe essere �rilanciata� con lo spoglio dei
Catasti Onciari pugliesi. Potrebbe sicuramente riservare delle inedite sorprese.
LUCIA LOPRIORE, Le neviere in Capitanata. Affitti, appalti, legislazione,
Edizioni del Rosone, Foggia 2003, euro 18.
La proposta: un trekking fra le antiche neviere
Le neviere sono dei monumenti non di arte ma della tecnica umana, degne di
restauro e recupero, nelle loro tre tipologie a groppa, a dammuso e a cupola.
Sarebbe auspicabile che, a livello di singolo comune, gli Uffici tecnici
effettuassero un censimento delle neviere tuttora esistenti in Capitanata, per
poi procedere al �restauro�, nell�ambito di una proposta di �archeologia
industriale�. Il libro della Lopriore pu� far loro da guida, per individuare e
localizzare i siti ormai interrati. Forse nel Subappennino, a Faeto, qualche
presenza c�� ancora. Come ci sar� sicuramente in qualche luogo d�altura del
Promontorio del Gargano o della Foresta Umbra. Affascina l�idea, gi� realizzata
in certe realt� turistiche dei monti Iblei, di un �Trekking fra le antiche
neviere�. Qui da noi si potrebbe creare un itinerario nell�ambito dei �percorsi�
del Parco Nazionale del Gargano. Partire dalle neviere di Monte Sant�Angelo, di
San Marco in Lamis, o della Foresta Umbra, di Cagnano Varano o di Vico del
Gargano, per arrivare all�oasi agrumaria di Rodi, Ischitella e Vico del Gargano.
Un percorso, completamente da inventare, quello del Trekking nelle neviere di
Capitanata. Archeologia industriale, e percorso del gusto. Insieme. Da proporre
ai numerosi turisti alla ricerca di tour diversi da quelli incentrati su sole e
mare. Nulla di nuovo sotto il sole: � stato gi� �testato� in Sicilia. Nel 2001
Italia Nostra, sezione di Siracusa, per illustrarlo, ha pubblicato un libro dal
titolo emblematico: �La neve degli Iblei. Piaceri della mensa e rimedio dei
malanni�. Vi hanno contribuito autori vari, che hanno giostrato a tutto campo su
questo tema monografico, mettendo in risalto anche il collegamento neve/
medicina omeopatica, oltre che neve/arte del sorbetto.
L�antica arte del sorbetto
La storia universale della sorbetteria � molto antica. Gli Assiro-Babilonesi,
gli Egizi, i Greci, e i Romani utilizzavano la neve soltanto per raffreddare le
bevande, non conoscevano il gelato. Furono gli Arabi, nel IX secolo d.C., a
scoprire l'effetto �endotermico� del sale sul ghiaccio, che riusciva ad
abbassare la temperatura di quei 5-6 gradi, consentendo la condensazione del
liquido. Il salto di qualit� avvenne quando la neve, il limone siciliano, lo
zucchero e il sale, uniti all'acqua, furono utilizzati per creare il �gelato�.
L�inglese �ora del the� aveva il suo corrispettivo, in alcune nobili dimore del
Sud Italia, e specie in Sicilia, nell�ora del sorbetto. La degustazione di
questa prelibatezza avveniva tra amabili conversazioni, commenti e giudizi degli
ospiti e dei proprietari. Presso i nobili siciliani i maestri pasticcieri erano
specializzati nella confezione di �sorbetti� a forma di arance, mele, frutta
varia. Il siciliano Procopio De' Castelli, nel 1686 fece fortuna aprendo a
Parigi una gelateria. Questo alimento �unico� divenne ben presto particolarmente
gradito a piccoli e grandi. Ai tempi del �Grand Tour� i viaggiatori stranieri
s'interessarono a questa risorsa tutta italiana. � E la fama del �sorbetto� si
diffuse in tutto il mondo.
� Anche in Puglia. A Peschici, anche se pochi lo sanno, l�arte della gelateria �
una tradizione importante che ha avuto riconoscimenti internazionali negli anni
Settanta. D�obbligo, per i vacanzieri mitici del turismo internazionale, la
sosta al �Barocco�. Il maestro gelataio Rocco Tavaglione divenne la guida di
giornalisti importanti come Francesco Rosso e di artisti come Romano Conversano.
I Tavaglione gestivano un deposito di ghiaccio a Peschici. Iniziarono producendo
il fresco, inimitabile �sorbetto� con il succo e la polpa dei profumati limoni
di Rodi Garganico per arrivare alle vellutate, inimitabili Creme al gusto di
mandorla, di noce o di nocciola o la vellutata crema degli angeli. Oggi prodotte
da Pina Gel secondo le segrete ricette di famiglia.
Il presente servizio di Teresa Maria Rauzino � stato pubblicato sul Corriere del
Mezzogiorno del 10 agosto 2003, p. 17
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