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Carpino degli anni sessanta
raccontata da un grande
giornalista italiano
Le nenie di Carpino
in �Gargano magico�
di Francesco Rosso
(a cura) di Teresa
Maria Rauzino
Un selvaggio,
bellissimo Gargano emerge dalle
note di viaggio di chi lo
percorse in lungo e in largo nel
corso del Novecento:
giornalisti, letterati, storici
dell�arte. Il gusto della
scoperta antropologica si unisce
alla descrizione delle bellezze
naturali che stupiscono anche
�scafati� osservatori come
Francesco Rosso, �firma� di
prima grandezza del quotidiano
�La Stampa�.
I suoi reportage sono vere e
proprie inchieste sociali. Nel
volume �Gargano magico� (Teca,
Torino 1964), Rosso descrive la
realt� complessa dello Sperone
d�Italia. Un Gargano dalla
bellezza intatta,che si sta
lentamente spopolando a causa
dell�emigrazione.
Il paese pi� povero
del Gargano � Carpino: mezzo
nascosto nella stretta valle
tagliata nelle pietrose
profondit� garganiche, � il
risultato di una gara anarchica,
un gioco urbanistico che alla
fine ha trovato una perfetta,
compiutissima unit�. Un miracolo
di cui sono stati artefici
contadini e muratori analfabeti.
Una civilt� del gusto imparata
dall�armonia del paesaggio in
cui questa gente vive, fra
montagna, pianura, lago e mare.
Rosso sfata un luogo comune su
questa comunit�, un�ombra nera
proiettata su di essa dal
romanzo di Roger Vailland �La
Loi�, vincitore di un premio
Goncourt (e dal quale il regista
Jules Dassin trasse anche un
film, La legge, interpretato tra
gli altri da Yves Montand, Gina
Lollobrigida, Marcello
Mastroianni). �Il romanzo dello
scrittore francese - scrive
Rosso - ruota attorno al tema di
un vecchio gioco ormai in
disuso, appunto la legge. E� un
vecchio, abusato clich� cui ci
ha abituati la letteratura
sull�Italia Meridionale, ma il
Gargano non pu� entrare nel
gusto di scrittori
criminal-folcloristici, perch�
nella sua storia non ci sono
tradizioni fosche�.
La chiusa di
Francesco Rosso racchiude il
�senso della vita� di un paese
del Sud senza risorse: Carpino �
un paese bellissimo e
malinconico. L�esistenza non �
gioconda, persino le cantilene
per addormentare i bambini
sembrano tramate di pianto;
echeggiano la tristezza
congenita di questa gente che ha
come scenario il fantasioso
villaggio arroccato sul
pinnacolo di una collina battuta
dal vento e folgorata dal sole.
Sono nenie che parlano di morte
gi� vicino alla culla, una
preparazione all�esistenza dura,
quasi disumana, da incominciare
subito, in un paesaggio di
struggente seduzione, ma ostile
all�uomo.
Riflessioni
profonde, che disvelano il senso
esistenziale delle suggestive
ninne-nanne del vetusto cantore
Antonio Piccininno. Scoprono
alle radici l�identit� e la vera
essenza del ricco patrimonio
musicale del Gargano, portato
oggi all�attenzione nazionale
dal Carpino Folk Festival.
Ecco il testo
integrale di Francesco Rosso:
�Quando, finita
la sconvolta discesa di Cagnano,
si aggredisce il rettilineo
lanciato attraverso la vasta
pianura, l'occhio � attento solo
all'asfalto che sfila sotto le
ruote e, ingannato dall'uniforme
piattezza che nasconde persino
il lago, trascura Carpino, alto
sul pinnacolo di una collina,
mezzo nascosto dal movimentato
scenario della stretta valle
tagliata come una ferita nelle
pietrose profondit� garganiche.
Carpino � la
risultante di una gara tra
fantasie anarchiche, un gioco
urbanistico realizzato senza
regole che alla fine, bench� ci�
non rientrasse nelle previsioni,
ha trovato una perfetta,
compiutissima unit�. Veduto
dalla strada statale, sembra una
bizzarra costruzione cubista
eretta da bambini fantasiosi con
dadi variamente colorati. Si
potrebbe pensare ad un villaggio
di nani, costruito sulla loro
misura; eppure gli uomini che
lavorano nei campi sono di
taglia atletica, nerboruti,
bisognosi di spazio anche quando
crollano per il riposo.
Infatti, di mano
in mano che si sale il colle in
cima al quale � arroccato il
paese, le prospettive di Carpino
si definiscono. Il cilindro
giallo che si vedeva in
lontananza � il breve torrione
di un castello ora trasformato
in caravanserraglio per non so
quanti nuclei familiari, i cubi
azzurri, gialli, bianchi sono
case tutte quadrate e uguali,
con terrazze, balconi, altane a
livelli diseguali che si
rincorrono in aeree scalinate
verso il cielo.
Le strette viuzze sembrano
fenditure d'ombra nella gaiezza
policroma delle abitazioni e ci
si arrampica con le capre
camminando sotto cascate di
gerani che traboccano dalle
terrazze, dai davanzali di aeree
finestre raggentilite da cornici
di lineare eleganza, da
panciuti, spagnoleschi balconi
in ferro battuto.
Quale immaginoso
architetto ha elaborato le
improvvise scenografie delle
ardite scalinate, le quinte
policrome di case disposte con
capricciosa asimmetria per
limitare la vastit� del
paesaggio spalancato sulla
valle, chiudere nel cerchio di
raccolta intimit� il villaggio
battuto dai venti garganici?
Contadini
analfabeti, e muratori
altrettanto analfabeti furono
gli ignari artefici del miracolo
urbanistico; le cornici
essenziali che chiudono le
finestre, le porte ad arco sulle
facciate disadorne, l'aggetto
dei terrazzi su povere case,
rivelano una civilt� del gusto
certo non imparata a scuola, ma
dall'armonia del paesaggio in
cui questa gente vive, svariante
fra montagna, pianura, lago e
mare.
E sono ancora
contadini analfabeti ad ornare
con festose ghirlande di gialle
pannocchie, di peperoni
scarlatti, disposte con
inconscio gusto della
decorazione, le facciate delle
case esposte al sole, a chiudere
con dorati fondali di granturco
i vani terminali di stradette
aperte sulla vallata.
Carpino gode
immeritata fama di paese
insicuro. Gliela procur� un
libro, tradotto in film, che ha
denigrato l'intero Gargano. Il
signor Roger Vailland, quando,
venne in vacanza da queste
parti, raccolse come autentiche
ed attualissime antiche vicende
sepolte da secoli. Gli uomini
che siedono al rezzo sulla
quadrata piazzetta dominata
dalla chiesa, limitata e
definita come un palcoscenico su
cui la domenica s� recita la
piccola sagra delle modeste
vanit� locali, sono diversissimi
da quelli che lo scrittore
francese ha abbozzato nel
romanzo �La legge�, divulgato
poi dal film omonimo.
Nelle ore che precedono il
tramonto, quando l'aria
estenuata dalla calura sfiora
con le prime folate fresche i
tetti delle case, i carpinesi si
riuniscono in piazza, quelli che
non lavorano, s'intende, perch�
gli altri tornano dai campi a
notte piena. Il campionario �
completo, tutte le classi
sociali del paese sono
rappresentate. C'� il ricco
possidente, ma senza la iattanza
del feudatario; c'� il
professionista, ma senza la
boria del colto fra gli
analfabeti; c'� il maresciallo
dei carabinieri, ma non la
intimidatrice autorevolezza
dell'autorit� costituita; c'� il
manovale povero e analfabeta, ma
senza la falsa umilt� del debole
angariato.
Formano una
comunit� ben definita, non
afflitta da stridenti
ingiustizie sociali. Anche il
ricco, quando vi indicano
le sue propriet�,
risulta un ben povero nababbo; i
suoi poderi sono distese di
pietra su cui si affannano le
capre in cerca di pascolo. Per�,
il signor Vailland era
determinato a scrivere un
romanzo ad effetto sull'Italia
Meridionale, e poich� altri
filoni erano gi� troppo
sfruttati, si rivolse al
Gargano, ancora poco noto alle
platee avide di sensazioni
forti.
Un vecchio
feudatario sensuale, cinico,
sterminatore di vergini,
spietato sfruttatore di plebi
sottomesse gli andava bene per
un romanzo a tinte fosche
impostato sulle differenze
sociali nell'Italia Meridionale.
Non si pu� negare che condizioni
simili esistano nel Sud non nel
Gargano, dove il ricco autentico
non esiste. Sovente la ricchezza
� pi� stracciona della povert�,
per cui � difficile distinguere
l'aristocratico dal manovale.
Eppure, nel romanzo dello
scrittore francese non c'� un
personaggio pulito; prostitute,
ruffiani, pervertiti, aguzzini
si rincorrono in lubrico
carosello nel perfetto scenario
garganico ruotando attorno al
tema di un vecchio gioco ormai
in disuso, appunto �La legge�.
E� un vecchio,
abusato clich� cui ci ha
abituati la letteratura
sull'Italia Meridionale, ma il
Gargano non pu� entrare nel
gusto di scrittori
criminal-folcloristici proprio
perch� nella sua storia non ci
sono tradizione fosche. La gente
� pacifica, di indole mite,
forse un po' pigra, aliena dalla
violenza e dal delitto. Sono
uomini di scorza ruvida, spinosi
come i giganteschi fichi d'india
che crescono nella pianura
spalancata verso il lago, forse
inclini a mettere le mani su
piccole cose che non gli
appartengono; capre, giumente,
muli sorpresi liberi nel
pascolo. Dopo averli conosciuti,
si comprende che sarebbero
generosi, ospitali, se lo
potessero. Non potendo offrire
altro, diventano amici di chi li
avvicina, persino fastidiosi
nelle manifestazioni di
eccessiva cordialit� non sempre
disinteressata.
Bellissimo e
scenografico, Carpino � forse il
villaggio pi� povero del
Gargano, con poca terra da
coltivare, assai lontano, nella
pianura sconfinante col lago di
Varano, con greggi di capre
sparse a brucare la scarsa erba
sui petrosi pascoli della
montagna. Se gli uomini fossero
nati inclini alla violenza,
nessuno se ne sarebbe stupito;
l'ambiente e le condizioni in
cui vivono li avrebbero
giustificati.
Invece, come
tutti i garganici, sono duri
solo in apparenza, subito
sciolti con coloro che cercano
di comprenderli.
Giocano ancora
alla �Legge�? S�, giocano
ancora, ma non nei modi con cui
li ha descritti Roger Vailland.
Si riuniscono in cinque o sei
nell'osteria, ordinano alcune
bottiglie di vino, o di birra,
ed incominciano a puntare con le
dita, chiusi in un cerchio di
complicit� impenetrabile. Si
direbbe
che congiurino, e giocano
soltanto una specie di morra per
eleggere il capo, colui che
detter� legge. Egli ha il
diritto insindacabile di far
bere il vino, o la birra a chi
vuole lui, mentre tutti gli
altri pagano.
Una sola seduta
mi convinse che � la legge � �
un gioco noioso per chi, come
me, non sa penetrare
nell'atmosfera di mistero che i
giocatori creano, senza
comprendere che quel gioco pu�
essere, per alcuni, l'occasione
di bevute gargantuesche quasi
gratuite. Inoltre, c'� il
piacere della beffa, il sorriso
agro degli esclusi, la gioia di
risate irrefrenabili quando
qualcuno si ribella alla
�legge�. E� un gioco molto
diffuso nel Meridione, chiamato
talvolta passatella, talvolta
tocco, talvolta legge.
Un tempo, chi era
eletto capo della piccola
assemblea di bevitori, aveva il
diritto di offrire il bicchiere
a chi voleva, ma anche di
processarlo dicendogli tutto ci�
che pensava di lui, di sua
moglie, dei suoi figli, delle
sue sorelle, salvato
dall'immunit� che gli derivava
dalla sua condizione di capo.
Accuse di furto, adulterio,
violenza carnale, pecoraggine
erano pronunciate a mezza voce
nel fumoso stanzone
dell'osteria: cadevano come
macigni sull'accusato cui il
vino ricevuto dono si
trasformava in fiele. Ma nessuno
osava ribellarsi, quella era la
legge.
Ci� accadeva un
secolo addietro, anche i pi�
anziani ne ricordano le
movimentate notti invernali
trascorse nel gioco della
�legge�, trasformatosi ora in
modesto antagonismo bibitorio.
Sempre pi� raramente, distratti
da altri intere (il cinema, la
televisione, una certa facilit�
di amoreggi con le ragazze), si
seggono attorno al tavolo,
eleggono il capo e attendono la
designazione col pomo d'adamo
che gli guizza sotto la pelle
del collo, tutti in succhio
nella speranza di bere quasi
gratuitamente alcuni bicchieri
di vino.
La sera quando
gli uomini tornano dal lavoro
nei campi, il palcoscenico della
piazzetta si anima d'improvviso.
Seduti sui bassi scranni, gli
anziani che hanno trascorso le
ore in silenzio, cacciando con
pigre mani la molestia
aggressiva delle mosche, si
risvegliano dal letargo per
commentare la vita di tutti
coloro che sfilano sotto i loro
occhi distratti, uomini di pelle
scura, conciata e arrostita dal
sole, gli sguardi allucinati dal
lungo riverbero luminoso, la
schiena stroncata dalla fatica
della mietitura.
Nelle ore torride della
canicola Carpino sembra un paese
ubbriaco di luce, un paese
stordito dalla vampa, reazioni
con le viuzze deserte e la
piazza devastata dal sole
spietato.
Sono le ore che
preferisco in questo fantasioso
villaggio, mi eccita il pensiero
di camminare sul sonno della
gente abbandonata alla siesta,
fra le galline che chiocciolano
razzolando fra la spazzatura
della strada, fra gli asini
legati al muro e con le frange
inerti a sfiorare il suolo.
Tutto � immobile
nella luce arroventata, il
silenzio � profondissimo, il
ronz�o delle mosche instancabili
rimbomba con fragore. Da
un'altana, dal terrazzo di uno
scoglio, l'occhio ha tutto
l'orizzonte per s�, domina la
dilagante pianura gonfia di
umori caldi. Dal torrioncino di
pietra gialla del castello, su
cui sventola l'afflitto pavese
di povera biancheria intima
stesa ad asciugare, il lago di
Varano appare come sommerso
dalla cateratta di luce che
crolla dal cielo sterile.
L'acqua si
stempera in tonalit�
grigio-azzurre, diversificandosi
dall'Adriatico non per il
sottile istmo di sabbia gialla
ma per il variare dei colori;
verde fondo il mare, grigio
spento il lago.
Tra i campi
gialli di stoppie, le cicale si
eccitano stridendo con frenesia
monotona, ubbriache di sole.
Splendono i pomidoro come vampe
nell'aria infuocata; sulle pale
immense dei fichi d'india, un
freddo metallico che non d�
ristoro all'occhio abbacinato,
gonfiano i frutti spinosi,
grossi, polposi, dolcissimi.
Folgorato dal sole,
Carpino attende il brivido delle
prime ombre serali per
ridestarsi; allora il
�Caff� Vittoria�
e la piazza incominciano a
popolarsi per i quotidiani,
pigri pettegolezzi, cui il
cantilenante dialetto toglie
ogni asprezza.
Dopo tanto sole,
non si ha pi� l'energia
necessaria alla cattiveria
autentica; gli antagonismi, le
avversioni, si esauriscono in
placata maldicenza, tutti hanno
coscienza di essere simili agli
altri nei difetti e nelle
qualit�, di condividere un
destino poco benevolo che tutti
eguaglia.
Carpino � un
paese bellissimo e malinconico.
Qui nessuno canta, nemmeno le
donne che al tramonto, strette
nell'ombra avara delle case
basse, rammendano panni lavati e
rattoppati fino allo spasimo.
L'esistenza non � gioconda per
questi uomini, persino le
cantilene per addormentare i
bambini sembrano tramate di
pianto; echeggiano la tristezza
congenita di questa gente che ha
come scenario il fantasioso
villaggio arroccato sul
pinnacolo di una collina battuta
dal vento e folgorata dal sole.
Sono nenie che
parlano di morte gi� vicino alla
culla, una preparazione
all'esistenza dura, quasi
disumana, da incominciare
subito; coloro che sono appena
giunti devono abituarsi presto
alla realt� della fatica
tremenda cui, per sopravvivere,
saranno dannati nel paesaggio di
struggente seduzione, ma ostile
all'uomo.
PROFILO
DI FRANCESCO ROSSO
Francesco Rosso
arriv� al giornalismo attraverso
gli studi letterari, ma anzich�
dedicarsi a quelle particolari
forme di reportage genericamente
definite �da voyageur�, cio�
riferendo impressioni e
sensazioni di derivazione
intellettualistica, si era
specializzato nelle inchieste
sociali.
Inviato speciale
del quotidiano torinese � La
Stampa �, aveva viaggiato in
quasi tutti i continenti. Visit�
paese per paese tutto il
continente africano, dal
litorale mediterraneo all'oceano
immenso in cui si annullano
Madagascar e Zanzibar, riferendo
i fermenti delle popolazioni
negre avviate alla difficile
indipendenza o ancora afflitte
dal colonialismo, come le
Rodesie, il Sudafrica e
Mozambico. Da Cuba, dove segu�
gli sviluppi della rivoluzione
castrista, egli visit� tutti i
paesi del Centro e Sud America
scossi da sanguinose rivolte,
come la Colombia, o inquieti per
i fermenti populisti come il
Brasile e l'Argentina, il Cile,
il Per�, il Paraguay. In Asia,
attraverso l'India e il
Pakistan, indag� sul problema
delle masse enormi di uomini
afflitti dalla fame. Nel Medio
Oriente sempre agitato da
rivoluzioni, assistette alla
sommossa culminata nel regicidio
di Bagdad, alle esplosioni dei
contadini persiani, ai tumulti
di Damasco, Gerusalemme, Ankara.
La sua inclinazione a studiare
l'uomo nel suo ambiente lo
indusse, in �Gargano magico�,
a indagare la realt�
socio-culturale dello Sperone
d�Italia.
Il testo e
le foto sono tratti da �Gargano
magico� di Francesco Rosso
(Teca, Torino 1964, pp.45-50).
La premessa � tratta dal
reportage di Teresa Maria
Rauzino: "Francesco Rosso e la
magia di Peschici" , serie
"Viaggiatori del Gargano" n. 7,
pubblicato sul " Corriere del
Mezzogiorno- Corriere della
sera" 11-09-2008.
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