Il 20 maggio cade il
150� anniversario della nascita dell�inflessibile giudice istruttore del
processo Matteotti, originario di Rodi Garganico.
Mauro Del Giudice
il magistrato che fece tremare il Duce
di TERESA MARIA RAUZINO
�Il Foglietto�, giornale
della Daunia, il 22 giugno 1924, nell'editoriale �La commossa
indignazione della Capitanata per l�orrendo assassinio dell�on.
Matteotti�, commenta cos� il delitto pi� eclatante del Ventennio, che
far� vacillare il governo fascista: �Un crimine truce e fosco senza
precedenti nella storia politica del nostro paese - la barbara uccisione
dell�onorevole Matteotti � ha intensamente commosso la nazione tutta.
Anche perch� dall�istruttoria vengono giorno per giorno fuori gravi e
tremende responsabilit�, dirette e indirette, di personaggi del partito
dominante che occupavano posti eminenti nelle gerarchie del Partito e
nella Politica�.
L�editorialista del foglio lucerino informa i lettori che la grave e
delicata istruttoria del processo � stata avocata dalla sezione di
accusa di Roma, presieduta da Mauro Del Giudice, un magistrato di
�altissimo valore morale e giuridico�. L�insigne magistrato, autore di
numerose, apprezzate pubblicazioni, � un comprovinciale, pubblicista del
settimanale.
Del Giudice era nato il 20 maggio 1857 a Rodi Garganico, in provincia di
Foggia, da un�agiata famiglia borghese che aveva basato la sua ascesa
sociale sul fiorente commercio agrumario. Il padre Luigi gestiva un
magazzino in prossimit� della Galleria ferroviaria e possedeva un
veliero di 400 quintali di stazza � denominato �Il Gargano� � che gli
serviva per il traffico sugli abituali mercati di Trieste, Fiume, Pola e
Spalato (Jugoslavia). La famiglia era imparentata con i Ciampa, noti
armatori ed esportatori campani, proprietari, in quel periodo, di due
piroscafi, di cui uno di 5.000 tonnellate.
Mauro Del Giudice, come i coetanei appartenenti a ceti sociali emergenti,
segu� gli studi classici presso il seminario di Molfetta (Bari) e quelli
universitari a Napoli, dove nel novembre del 1880 si laure� in
Giurisprudenza. Dirittura morale e lucida analisi politico-sociologica
gi� connotano le sue pubblicazioni giovanili. Nel primo decennio del
Novecento scrisse �Il Fenomeno Giuridico nella Scienza Sociale�, vero e
proprio trattato di sociologia basato su una rigorosa analisi dei
sistemi di Comte, Spencer e Marx. E' per� l'opera successiva "La scuola
storica italiana del Diritto", che induce il Consiglio Superiore della
Magistratura Italiana, nello scrutinio del 1920, a promuovere per
�merito eccezionale� il magistrato rodiano alla Corte di Cassazione.
Dopo 14 mesi lo troviamo alla Corte di Appello, come Presidente della IV
sezione Penale e della Sezione di Accusa del Tribunale di Roma. Fu
questo il periodo pi� drammatico della sua vita di magistrato. Del
Giudice, sessantottenne, assunse personalmente il grave peso e la
terribile responsabilit� dell�istruttoria del processo Matteotti; la
port� avanti con coraggio, resistendo a ogni pressione esterna, finch�
fu rimosso dall'incarico su diretta pressione del Duce, che temeva di
essere inquisito per la sua contiguit� con gli assassini. Il magistrato
fu promosso (promoveatur ut amoveatur) e costretto a lasciare il suo
ufficio romano per quello di Catania. Mussolini, tramite il segretario
del PNF Roberto Farinacci, avvocato difensore di Amerigo Dumini,
principale sicario di Giacomo Matteotti, ottenne che il processo fosse
trasferito a Chieti �per ragioni di ordine pubblico�. Con sentenza del
24 marzo 1926, la Corted�Assise teatina, addomesticata dal regime
fascista, mise fine alla vicenda processuale dell�assassinio Matteotti:
condann� Dumini, Volpi e Poveruomo a pene lievi che un provvido decreto
di amnistia e indulto, preventivamente emanato, cancell� del tutto. La
tragedia del delitto Matteotti fin� in una farsa.
Le vicende del 1924-1926 toccarono profondamente Mauro Del Giudice.
Gaetano Salvemini lo comprova negli �Scritti sul Fascismo�: �Non solo
furono messe le camicie nere invece dei soldati a far la guardia a
Regina Coeli, affinch� chi andava e veniva capisse chi era il padrone
del vapore; ma due agenti furono messi alle costole di Del Giudice e
altri due in borghese alla portineria di casa. I fascisti cominciarono a
far dimostrazioni sotto le sue finestre: �Viva Dumini!� �Viva Volpi!�
�Morte ai nemici di Mussolini!�. Poi vennero le scritte sui muri del
Palazzo di Giustizia. Anche i giornali fascisti, tra i quali il pi�
facinoroso era �L�Impero�, moltiplicarono le minacce: �E� inutile
alludere pi� o meno velatamente a Mussolini per il Delitto Matteotti; il
Duce salvatore della patria non si tocca; il fascismo non lo permetter�
mai a nessun costo. Chi tocca il Duce sar� polverizzato. Sarebbe la
notte di San Bartolomeo!�. Conclude Salvemini: �I fascisti riprendevano
le spedizioni punitive e la polizia stava a guardare. Del Giudice e
Tancredi erano avvertiti!�.
�Ignobili tentativi � scrive l�insigne giurista Alberto Scabelloni �
furono messi in opera, per ottenere la deviazione del processo e il
salvataggio dei mandanti; gli si propose il laticlavio, la nomina a
Presidente di Sezione alla Cassazione, altri onori e utilit� materiali,
ma la sua retta e indomita coscienza resistette eroicamente. Per punire
cosiffatta irriducibile intransigenza, il fascismo, togliendogli la
garanzia dell'inamovibilit�, lo sbalz� in Sicilia, assegnandogli le
funzioni di Procuratore Generale a Catania, trasferendolo cos� dalla
giudicante alla requirente, con palese e prepotente arbitrio. Da quel
momento la carriera di Mauro Del Giudice fu troncata e contro di lui
cominci� il periodo delle persecuzioni, durato fino al crollo del
fascismo�.
Il magistrato che, tornato dapprima nel suo paese d�origine si era poi
stabilito a Vieste, alcuni anni prima di morire, volle documentare la
triste vicenda dell�istruttoria Matteotti. Il 9 febbraio 1947 scriveva
ad Alberto Scabelloni, suo fedele allievo:
�Carissimo Alberto, a novant'anni di et� e torturato da un esasperante
esaurimento nervoso, lavorando nei due mesi di gennaio e febbraio, ho
completato la �Cronistoria del processo Matteotti� da me istruito nel
biennio 1924-25, con questo titolo: �Note e ricordi di Mauro Del
Giudice�. Vi premetto le parole di Francesco Domenico Guerrazzi, apposte
al suo lavoro storico su Beatrice Cenci: �La storia non si seppellisce
coi cadaveri dei traditi; essa imbraccia le sue tavole di bronzo, quasi
scudo che salva dall'oblio i traditi e i traditori��.
Fu proprio Scabelloni a curare la prima edizione del volume. Il suo
compito non fu affatto agevole, incontr� molti ostacoli per coprire le
spese editoriali. Alcune personalit�, cui si rivolse per ottenere le
sottoscrizioni, pur definendosi avverse al regime fascista, negarono il
loro contributo.
In una lettera indirizzata nel 1950 �all'adorato maestro�, Scabelloni
denunci� il pesante clima di trasformismo: �La informo che ho spedito in
tutta Italia ben 240 schede di sottoscrizione e ha gentilmente aderito
soltanto l'onorevole Mario Berlinguer. Che nazione di eroi e di
coraggiosi!�.
E in un�altra missiva, datata 24 marzo 1950, scrive ancora a Del
Giudice: � Un turpe speculatore mi offriva due milioni di lire per
acquistare il manoscritto con il pretesto di pubblicarlo in francese e
in spagnolo, ma con il malcelato disegno di impadronirsi e togliere
l'incomoda e tremenda testimonianza da qualsiasi circolazione. Risposi
che nessuno avrebbe potuto piegarmi. Cronistoria si pubblicher� quando
potr� coprire le spese di stampa�. Siamo nel 1950. Erano trascorsi sette
anni dalla caduta del fascismo. Dopo le elezioni del 1948 vi era stata
la piena riaffermazione dei principi di libert�, ma dovettero passare
ancora quattro anni prima che Scabelloni potesse finalmente pubblicare
lo scottante manoscritto. Il libro usc�, postumo, soltanto nel 1954, per
i tipi dell�editore Lo Monaco di Palermo.
Mauro del Giudice, ahim�, non ebbe la soddisfazione di vederlo: aveva
gi� raggiunto le celesti dimore nel 1951.
Cosa aveva scritto di tanto eversivo nella sua �Cronistoria�, da
intimorire non solo gli epigoni e i simpatizzanti del disciolto Partito
Nazionale Fascista, ma anche gli �homines novi� della prima Repubblica?
�Rileggendo la cronaca di quel processo scritta dal magistrato
inquirente - osserv� Matteo Matteotti quando ripubblic� il volume nel
1985 - le responsabilit� dei capi del regime fascista ne escono
rigorosamente illustrate in una requisitoria che parla con la crudezza
della verit� fin nei dettagli. E� utile e avvincente leggerla a sessanta
anni di distanza, come espressione del pensiero di un magistrato
imparziale e coraggioso che ha fatto fino in fondo il suo dovere. Egli
conclude la cronistoria con un giudizio molto severo sulla classe
politica e sul popolo italiano che solo un uomo integerrimo pu�
permettersi di scrivere�.
Del Giudice non perdon� mai agli intellettuali e agli uomini della sua
generazione di aver avallato il fascismo con la connivenza e la
passivit�, e continuavano a farlo nella nascente �Repubblica Italiana�.
La chiusa della �Cronistoria� � lapidaria: �Quella corruzione si �
ancora pi� aggravata sotto questo regime che si dice repubblicano, ma
non � n� repubblicano, n� monarchico, n� socialista, n� comunista; �
soltanto un�accozzaglia di egoisti uniti fra loro allo scopo di
sfruttare il potere, come n� pi� n� meno faceva il fascismo�.
L�articolo � tratto dal saggio di TERESA MARIA RAUZINO, �Mauro Del
Giudice, un magistrato scomodo�, in �Figure egemoni del Novecento�, Ori
del Gargano a cura di Giuseppe Cassieri, Schena, Fasano 2006.
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