In memoria del prof. Filippo
Fiorentino, scomparso il 20
febbraio 2005
L�Accademia
degli eccitati viciensi
L�unica Accademia illuminista di
Capitanata del XVIII secolo non
è più l�araba fenice grazie ad
un libro di Filippo Fiorentino
di TERESA MARIA RAUZINO
A metà Settecento,
all�interno delle Accademie
illuministe europee, notiamo una
maggiore attenzione alla
�felicità� dei popoli: il sapere
viene finalizzato alla �pubblica
utilità�, le conoscenze
diventano spendibili nella
realtà territoriale in cui si
vive, affinché gli abitanti di
quel territorio stiano meglio,
migliorino la loro qualità di
vita. Gli intellettuali sono
quindi meno eruditi, meno
enciclopedici, selezionano gli
argomenti di studio. Il loro
sapere non è più fine a se
stesso. Essi vogliono indicare
una strada, tendono a porsi come
riformisti, legislatori della
società, indicando soluzioni più
razionali rispetto al passato.
Vogliono soprattutto cambiare la
mentalità degli uomini del loro
tempo.
Questi intellettuali vissero non
solo in Europa ed in Italia, ma
anche in mezzo a noi.
Tra il 1730 ed il 1750, il mondo
meridionale viene attraversato
da idee originali, che non
soffrono di gallomania, nel
senso che l�elaborazione è
autonoma rispetto alla cultura
dei lumi francese. Anche Vico
del Gargano, un centro minore
del Regno borbonico, sa aprirsi
a stimoli provenienti da Napoli
e da più lontane realtà
culturali. Qui gli illuministi
si riuniscono nell�Accademia
degli Eccitati viciensi, fondata
il 3 maggio 1759 nella Chiesa
extramoenia di S. Maria del
Refugio (oggi detta del
Purgatorio).
E� l�unico sodalizio illuminista
di Capitanata di cui oggi si
abbiano fonti documentarie.
Fonti custodite da Isabella
Damiani (erede dell�archivio
della famiglia Mattei-Della
Bella) e pubblicate da Filippo
Fiorentino nel volume
"L�Accademia degli eccitati
viciensi", (Edizioni del Rosone,
Foggia, 2003. pp. 129, � 15.00).
Manoscritti rincorsi e
strenuamente ricercati dallo
storico vichese per tutta una
vita. Gli Eccitati furono il
tema della prima �ricerca�
assegnatagli alle scuole
elementari dal suo maestro. Di
quei manoscritti, nei lunghi
pomeriggi di conversazione, gli
aveva parlato un altro studioso,
Giuseppe d�Addetta, il quale si
rammaricava di non averli mai
potuto rintracciare. Queste
carte erano �memoria smarrita�:
l�unica traccia era contenuta in
un breve transunto, citato nelle
Memorie del notaio Vincenzo de
Ambrosio.
Nel 2002, finalmente, Isabella
Damiani mostrò i manoscritti
originali a Fiorentino,
facendogli «scoprire d�incanto
la lunga traversata del
linguaggio, radicato nella vita
di esseri umani, che in quegli
scritti testimoniavano di aver
agito, sofferto, comunicato
forti emozioni. L�unica
Accademia di Capitanata del
XVIII secolo non era più l�araba
fenice!».
La pubblicazione di questo
autentico �oro del Gargano�
letterario doveva essere la
pietra miliare per il rilancio
delle istituzioni culturali del
Gargano, nel «segno della più
corale intellettualità agita a
Vico». L�intento di Fiorentino
era di riattualizzare le
finalità degli Eccitati viciensi
nella realtà del terzo
millennio: un sogno interrotto
dalla sua prematura scomparsa.
LE FINALITA� DEL SODALIZIO
Il termine �Eccitati� richiama
le diverse accademie omonime
operanti sin dal �600 in Italia,
porta nell�etimo il significato
di eccitare, che vuol dire
svegliare, stimolare,
sollecitare i sensi e la mente
ad uscire dal letargo
dell�oscurantismo e del
dogmatismo. I promotori sono
«alcuni cittadini amanti dello
studio letterario che vogliono
accendere gli animi dei giovani
all�amore per le scienze, per
incoraggirli, ed aiutarli al
proseguimento de� Studi». Per
protettrice, gli Eccitati
scelgono la Vergine dei Sette
Dolori, ma il loro simbolo è
Pallade Atena che scuote dal
sonno un uomo, presentandogli un
libro. Gli eccitati guardano la
realtà con occhi nuovi, guidati
dal lume della ragione.
«Il loro statuto - afferma
Fiorentino - è uno specchio
dell�io che non vuole essere
colonizzato dalla rassegnazione
e si propone di migliorare
l�altro, uno sforzo che andrà
ben oltre lo spazio temporale di
vita dell�Accademia (�).Voler
sagomare l�uomo nuovo nel
tessuto della società garganica
costituisce la proposta
pedagogica più rilevante (�)».
Il settimanale appuntamento
prende avvio il 3 maggio 1759.
Gli Accademici escludono le
�chimeriche fanfaluche� dal loro
orizzonte culturale. Sono
lontani dagli intenti ludici
dell�Accademia arcadica degli
Oziosi (1611), dove i soci erano
obbligati a parlare sempre in
versi e che trasgrediva pagava
pegno, offrendo gelati e
confetture. Incitano i giovani a
camminare per il sentiero della
virtù, le dissertazioni possono
spaziare su varie materie
(fisica, morale, giuridica,
storica, politica). Argomenti
utili alla società come quelli
dell�Accademia Palatina di
Medina Coeli o quella degli
Investiganti, attiva a Napoli
fra la fine del Seicento e i
primi decenni del Settecento.
Non mancano richiami
all�Accademia delle Scienze,
fondata da Celestino Galiani, un
garganico operante presso
l�Università di Napoli. I soci
del sodalizio di Vico non
nascondono di sentirsi in
contrasto con la propria età. Il
loro obiettivo è quello di
alimentare un vivaio per la
rigenerazione della comunità,
l�intento è di formare una
classe dirigente in grado di
affrontare i mutamenti in
un�epoca di transizione.
Sabato primo dicembre 1759 le
regole dell�Accademia, le
cariche e la formula del diploma
sono lette e approvate
all�unanimità. Tra i 18 soci
fondatori, la maggior parte
appartiene al clero secolare,
solo un piccolo gruppetto
appartiene all�ordine �mezzano�
dei professionisti (avvocati e
dottori fisici). Non tutti sono
di Vico. Vi sono due �lettori�
cappuccini: Padre Amadeo
proviene dal convento da Rodi e
Padre Santi da quello di Monte
Sant�Angelo; vi sono poi
Giuseppe Giordano, studioso di
Legge, di Lucera; Ignazio
Ruggiero, avvocato di Rodi; il
signor Ubaldo Andreatini, di
Pesaro, Razionale della Casa Di
Tarsia (cioè degli Spinelli,
feudatari di Vico), e Domenico
de Muti, dottore fisico docente
presso la Regia Università di
Napoli.
Ogni eccitato si fa chiamare con
«un anagramma o purissimo, o
puro, o almeno impuro del
proprio nome e cognome»:
ritroviamo Tirsi Pinifero
(Pietro de Finis); Arcadio
Clorimene (Domenico Arcaroli);
Zenone Tunicco (Vincenzo del
Conte); Amantio Schigi (Giacinto
Mascis); Serpillo Amante (Pietro
Masella); Artemio Palles (Pietro
Masella); Lacedomio Gentilini
(Michelantonio Cilenti;
Laudatore Benandi (Ubaldo
Andreatini), Alcide Lalimbelli
(Michele della Bella), Nicomaco
Errialdo (Angiolo Domenico
Arcaroli), etc.
L�otium letterario degli
Eccitati è praticabile soltanto
dopo che l�aspirante socio abbia
compiuto i 21 anni. I novizi,
una volta riconosciuti abili,
dopo il praticantato di un anno,
possono ricopiare le
composizioni da raccogliere in
un volume. Spetta a loro
comporre le liriche che chiudono
le dissertazioni. All�Accademia
potranno dare decoro anche i
soci onorari, soggetti che
elevano la caratura del
sodalizio con il loro nome
prestigioso.
Durante le dissertazioni sono
ammessi gli uditori, oltre ai
soci. Sarà il cerimoniere ad
assegnare «ai più degni il luogo
più degno». Agli altri, il posto
sarà assegnato a seconda della
loro professione, età, mestiere.
GLI ECCITAMENTI
Le dissertazioni dovranno essere
chiare, utili ed amene, cioè
piacevoli. L�avvertenza è che il
discorso non superi la soglia
dell�attenzione fissata al
massimo in un�ora e che trovi
�alati commenti in versi�.
«Poesia necessaria contro
l�essiccamento della mente �
commenta Fiorentino � Ritagli di
scrittura poetica aggrappati
senza mediazione alle
dissertazioni».
Interessanti appaiono certe
intuizioni di tecniche di
comunicazione mediatica. Per
motivare il pubblico a
ripresentarsi di sabato in
sabato all�appuntamento
settimanale, ogni relatore alla
fine del suo discorso annuncia
l�oggetto della prossima
dissertazione. La conferenza
diventa simile «a un moderno
palinsesto mediatico che
restituisce alla cittadinanza
una fiammata sempre nuova e
rischiarante per veicolare le
idee».
I componimenti più riusciti
trovano ispirazione nella
devozione della Vergine Maria
del Refugio: il giovedì santo,
per ricordare i suoi �sette
dolori� oppure il due luglio o
il quindici agosto «per
celebrarla piena di grazie, e
ricolma di gloria in cielo».
L�ispirazione �scorre intensa
tra le rive della poesia� quando
la ricorrenza mariana raccoglie
più gente nella chiesa del
Purgatorio e l�ampia navata
diventa luogo dell�accademica
adunanza, quando commosse
vibrazioni di pensiero vengono
esternate con lo sfondo del
parato festivo, con le �frasche�
in rame dorato sbalzato,
carte-gloria e il paliotto
dell�altare maggiore in lampasso
di seta o in damasco rosa
ricamato.
Le date del 27 marzo 1760 e del
2 luglio, rispettivamente
Giovedì di passione e Madonna
delle Grazie, ci restituiscono
l�acutezza e il bagliore di
intelligenze di questi uomini
che hanno composto una corona di
16 sonetti �di una dolcezza
disarmata�, dedicati alla
Madonna dei sette dolori.
Potremmo definirli un
originalissimo �Planctus
Mariae�. Una tradizione viva
ancora oggi. Nei riti della
settimana santa, le donne del
Sud, eseguendo il planctus,
sanno trovare le parole, i suoni
e i gesti per svolgere il loro
personale �lavoro del dolore�.
Lamentano la perdita del Cristo
che rappresenta simbolicamente
le proprie perdite.
I testi superstiti delle altre
�dissertazioni� degli Eccitati
viciensi ormai hanno perso
l�originaria sequenza, ma è
possibile riordinarli, tenendo
presente le date. In bilico tra
il nuovo indirizzo
storico-giurisdizionale di
matrice giannoniana,
l�illuminismo e le tradizioni
letterarie dell�Arcadia, gli
�eccitamenti� vanno dai pregi
della lingua toscana,
all�origine della moneta segnata
e non segnata. Ma vi sono anche
dei temi che proiettano gli
eccitati viciensi in ambito
mondiale, in una società aperta,
interculturale. Ad esempio, la
dissertazione sul culto politico
di Confucio, trattato da
Serpillo Amante (Pietro de
Finis, diacono e professore di
teologia) testimonia l�interesse
per la lingua e la scrittura
cinese, che aveva portato Papa
Clemente XII, nel 1732, ad
istituire a Napoli il Collegio
dei Cinesi, l�attuale Istituto
Universitario Orientale.
L�intento era quello di formare
missionari che propagassero il
cattolicesimo in Cina, ma anche
di formare interpreti in grado
di agevolare i rapporti
commerciali con i paesi
dell�estremo oriente.
Innovazione, quella degli
Eccitati, non disgiunta dalla
tradizione, che si pone in
continuità con il passato, il
solo in grado di offrire una
prospettiva, di imprimere una
rotta e di orientare verso nuovi
mondi possibili. Una visione che
coinvolge sì la ragione, ma che
non disdegna il contributo della
fede, la sola in grado di
superare la precarietà della
vita.
CHI RACCOGLIERA' IL
TESTIMONE?
Attiva per
breve tempo, c�è da chiedersi
quale incidenza l�Accademia
degli Eccitati abbia avuto a
Vico. Volse in beneficio comune
quei lumi che ciascun socio
aveva acquisito nel suo studio
privato? L�incidenza fu minima
nell�immediato, non riuscì a
penetrare la ruvida corteccia
della gente comune raccolta nel
fitto tessuto di case- botteghe,
di sottani, radicata agli aromi
di palmenti, di sotterranei
trappeti e di centimoli.
Ma a Vico, Domenico
Arcaroli, che diventerà poi
vescovo di Vieste, e gli
Eccitati che lo coadiuvarono,
interpretarono degnamente il
riformismo illuminato di alti
prelati pugliesi come Celestino
Galiani, Domenico Forges
Davanzati, Giuseppe Capecelatro
e Luca de Samuele Cagnazzi. In
un contesto in cui il popolino
era più disposto ad ascoltare i
rozzi santoni piuttosto che gli
ecclesiastici colti, le loro
dissertazioni sono infatti
immuni dalla mentalità magico-sensitiva
popolare, che a Vico del Gargano
in quel tempo era vincente.
Ricordiamo che, a quel tempo, il
paese garganico vantava una
rinomata cabala. Un prete di
nome Giuseppe Roberti aveva fama
di dare �convincenti risposte a
quesiti di scienza, di storia e
su futuro�. Risposte che, lette
oggi, ci fanno davvero sorridere
.
Bisogna riconoscere che non
pochi eccitati viciensi sono
scesi � nella feccia di Romolo�,
per usare l�espressione di
Giambattista Vico. Giacinto
Mascis si caricò della
responsabilità di sindaco di
Vico e don Pietro de Finis fece
costruire il monumentale
cimitero di San Pietro,
costruito fuori le mura del
paese nel 1792, per motivi
igienici, molto tempo prima
dell�editto napoleonico di Saint
Cloud (1804). De Finis aveva
trentasei anni nel 1759. Già nel
1751 aveva aperto a sue spese,
per tre anni, una scuola per
tutti. Suo discepolo fu
Michelangelo Manicone (che lo
ricorderà come «il maestro mio
di grammatica»). Manicone non
sarà tra i soci fondatori
dell�Accademia (aveva allora
soltanto 14 anni) ma respirò
l�aria illuministica diffusasi
nel 1759-60 nel suo paese e la
dilatò nelle sue opere. Autore
de La Fisica Appula e de La
Fisica Daunica, è una figura
eclettica di naturalista,
erudito, ricercatore, ecologista
ante litteram, politico
progressista. Nella �Dottrina
Pacifica� del 1790 grida contro
gli abusi dei tiranni, invoca la
riforma della Chiesa.
Aspirazioni e ansie di strati
illuminati della gente di Vico
furono simboleggiati da un
maestoso albero, l�albero della
popolar libertà, piantato da
Manicone a Largo Fuoriporta,
proprio davanti alla chiesa che
ospitava l�Accademia degli
Eccitati. Quell�albero, divenuto
Arbor Adae, albero dell�Inferno,
segno di scandalo per il
restaurato governo borbonico,
verrà abbattuto, sostituito da
una Croce e poi da un pubblico
fanale dell�illuminazione. Un
lampione che, secondo Giuseppe
del Viscio, poteva al massimo
rischiarare le tenebre della
notte, non il buio del tempo
(1886).
Rimasta immobile per oltre
duecentoquarant�anni, la
Repubblica letteraria di Vico si
ripropone oggi per prolungare il
suo cammino. Il tempo presente è
altrettanto difficile ed avaro
di sintonie immediate.
Chi raccoglierà il testimone?
VISITA VIRTUALE NELLA CHIESA DEL
PURGATORIO, SEDE DELL'ACCADEMIA
DEGLI ECCITATI VICIENSI
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